Dopo oro, diamanti e petrolio, la nuova ricchezza che vine dal ventre del terreno sono le “terre rare” (rare earth metals, ndr), che custodiscono gli ingredienti principali e indispensabili non solo per smartphone, ma per tutta la tecnologia digitale 3.0.
Sono 17 elementi chimici più richiesti dall’industria mondiale e si sono trovati Castilla-La Mancha, la grande regione nel cuore della Spagna che ora potrebbe abbandonare la sua vocazione per l’agricoltura e il vino per far posto all’estrazione delle terre rare in particolare di scandio, ittrio e i lantanoidi, nomi poco conosciuti, ma indispensabili per i microchip dei nuovi iPhone o degli schermi tv curvi di ultima generazione.
La società spagnola Quantum Minería, già focalizzata sull’estrazione di gas e petrolio dal 2008, vuole infatti aprire una piccola miniera a due passi dal capoluogo Ciudad Real, con molti dubbi sulla portata commerciale dell’operazione e sulle implicazioni per la cittadinanza. rare
Scoperte da un chimico militare svedese, Carl Axel Arrhenius, in una cava nel villaggio svedese di Ytterby nell’arcipelago di Stoccolma nel 1787, le terre rare fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale sono servite per la costruzione di magneti o superconduttori. Negli anni Sessanta, salvo una piccola eccezione in California, l’estrazione avveniva nei depositi di sabbia brasiliani ed indiani.
A partire dal 1985 Pechino ha deciso di prenderne il controllo, capendo con largo anticipo la forte domanda in arrivo dall’industria informatica. Così ora il 95% della produzione mondiale viene dalla Cina, per la quale le terre rare sono diventate una potente arma commerciale con cui tenere in scacco l’Occidente, l’India e il Giappone, famelici consumatori di gadget di ultima generazione.
Ora però Quantum Minería punta a estrarle a Torre de Juan Abad, un paesino di sole mille anime. Da sconosciuto punto sulla mappa di Re Felipe VI potrebbe trasformarsi in una gigantesca miniera a cielo aperto, la prima in Europa. Nel Vecchio Continente, infatti, nessuna società, privata o pubblica, ha avviato una produzione indipendente da Pechino. L’esperimento di Quantum Minería è modesto per dimensioni – parliamo di 20mila tonnellate l’anno – ma è stato finanziato dalla Commissione Europea perché il sottosuolo della Mancha si è rivelato ricchissimo: secondo i rilievi preliminari custodisce enormi quantità di neodimio, praseodimio ed europio.
Peccato che il terreno, oltre ad essere coltivato a frumento, sia ricco di ulivi secolari, difesi e coccolati da molte famiglie locali che vivono esclusivamente della commercializzazione dell’olio. In città parole come samario o cerio sono sconosciute, mentre i militari fanno a gara per averne nei propri laboratori per poter costruire bombe teleguidate. I più giovani di Torre de Juan Abad controlleranno Facebook dal loro touchscreen ignorando che senza gadolino o terbio le tastiere sarebbero ancora quelle con i tasti in rilievo. Il sindaco socialista del paese, José Luis Rivas, sposa l’idea della Quantum: “Questa è una zona completamente abbandonata, che vive solo di agricoltura e poco altro. La disoccupazione continua a crescere, molti giovani vanno via, l’apertura della miniera sarebbe una svolta senza precedenti”.
Ma c’è un però: nei depositi di terre rare ci sono elementi radioattivi, in particolare uranio. In California dopo 12 anni di estrazioni si è scoperto che nel deserto del Mojave, a Mountain Pass, usciva acqua radioattiva. Progetto chiuso. Quantum Minería cerca di tranquillizzare tutti: i residui di uranio sono minimi e l’estrazione seguirà tutti i parametri ambientali. Il dubbio più grande riguardo al progetto è però economico e non paesaggistico. L’estrazione di terre rare ha costi elevati e bassi margini. Lo può fare Pechino, che ha risorse enormi, ma una società costituita nel 2008 a chi potrà vendere considerato che i prezzi sono così influenzati dalle politiche commerciali? Secondo un analista della banca d’affari americana Hallgarten & Company (qui il report) l’Europa invece che inseguire la Cina sull’estrazione dovrebbe puntare su tutt’altro: concentrarsi sul riciclaggio dei materiali tecnologici. Gli ulivi di Torre de Juan Abad sarebbero in salvo, così come la salute dei suoi abitanti.

Tag: