Mentre il Governo di Spagna annuncia il secondo “stato d’emergenza nazionale”, dopo “l’emergenza sanitaria” a causa dell’impennata di contagi di Covid-19, ci sono alcune regioni iberiche dove la pandemia ha colpito di meno. Comunità che hanno chiuso molto prima di altre regioni, città che hanno stretto i denti, sacrificando e abbassando la linea dei contagi fino al 20 per cento. Tra queste regioni, il caso più interessante viene dalla Comunità Valenciana. A Valencia la pandemia ha colpito duro in primavera, con numeri di contagi e di decessi molto simili a quelli registrati a Barcellona e a Madrid. Tuttavia la città della Coppa America, ha saputo sacrificarsi, prima di altre, chiudendosi in una lunga quarantena lunga tutta l’estate. Ne ho parlato con Luca Vaccari, consulente per lo Studio Legale di Ana Fernandez Gil di Valencia, uno dei massimi esperti italiani in Spagna di strategie aziendali per gli imprenditori che vogliono aprire una filiale delle loro società nella terra del Cervantes.
“Ha sicuramente aiutato avere un lockdown costante, rispettato e prima di altre città”, spiega Luca Vaccari, via Skype dal suo studio di Valencia. “Abbiamo avuto, come in tutta la Spagna, un massiccio crollo della presenza di turisti stranieri, in una regione tra la Costa Blanca e la Costa del Sol, che contribuisce a quel 18 per cento che compone il Pil nazionale nel settore del turismo. Il calo è stato repentino e spaventoso e ha contribuito a mandare in negativo il Pil nazionale per molti anni. D’altra parte, sembra che chiudere tutto, sensibilizzare i valenciani a non muoversi inutilmente, limitando la loro mobilità, a sacrificare la loro estate, le loro ferie, sia servito. I dati sulla seconda ondata non spaventano più come in Catalogna o nella Comunità di Madrid. Ma voglio anche aggiungere che continuando a tenere chiuse le attività commerciali, si continua a danneggiare il tessuto economico della regione, innescando un meccanismo che colpisce tutti”. È il solito dilemma: la salute della popolazione o la salute dell’economia nazionale? “Credo che il Governo avesse le possibilità di salvaguardare salute ed economia, iniziando dal responsabilizzare gli spagnoli, non con la paure di multe e condanne penali, ma con una comunicazione più diretta. Poi, per i commercianti, si doveva fare di più a livello di sostegni economici, come si sta facendo in Italia: il premier Conte ha parlato di aiuti fino al 200 per cento…questo non avviene in Spagna, dove si è giocato molto sulla cassa integrazione per i dipendenti dei settori alberghiero e ristorazione e di forti sgravi fiscali per i gestori di bar, ristoranti, hotel, cinema e palestre”. Da questo punto di vista, quindi, sembra che il Primo Ministro spagnolo Sánchez e il suo esecutivo non abbia, questa volta, seguito le politiche Covid italiane, copiate in passato. “Sicuramente Madrid sta lavorando per trovare aiuti economici a tutti gli imprenditori e i lavoratori fortemente danneggiati dalla pandemia, lo si intuisce leggendo le notizie sulla prossima manovra fiscale 2021/2022 che è in preparazione: il Governo vuole aumentare l’Irpef a coloro che guadagnano di più, in modo da avere più risorse economiche da convogliare nelle casse degli imprenditori. Qui lo Stato non ha dato 30 mila euro in prestito, con tassi bassi e agevolazioni di rimborso. E nemmeno migliaia di euro a fondo perso, come ha fatto Roma. Punterà sull’aumento delle tasse e pescherà dagli aiuti economici che Bruxelles ha disposto per la Spagna”. Signor Vaccari lei da quasi vent’anni aiuta le aziende italiane ad aprire una filiale in Spagna e misurarsi con la sua economia e con il suo vivace mercato nazionale. Perché un imprenditore italiano dovrebbe fare questo passo? “L’economia spagnola, come è noto, ha avuto una forte accelerazione verso la fine degli anni Settanta. La fine della dittatura, l’ingresso nella Comunità Europea, grazia anche al prezioso contributo dell’Italia, le hanno permesso di ricevere sostanziali aiuti da Bruxelles (circa 400 miliardi di euro in vent’anni, ndr). Con questi aiuti la Spagna ha costruito valide infrastrutture e una rete di trasporti eccellente rispetto all’Italia. L’Altavelocità era in funzione dieci anni prima che in Italia, i porti di Barcelona e Valencia hanno superato per volume di merci e di traffico passeggeri quelli italiani. Tutto questo grazie a una politica molto attenta all’industri, agli imprenditori, alla libera iniziativa: un sistema fiscale più snello, comprensibile, che non soffocava le nascenti aziende, piccole o grandi che fossero, con tasse e tributi. Da anni le aziende spagnole sono spinte ad assumere giovani a tempo indeterminato con forti tagli ai contributi da parte delle aziende. I giovani imprenditori sono aiutati ad aprire la loro società, senza richiedere pesanti depositi, versamenti e tasse. Come fa un gruppo di giovani a tirare fuori 10-15 mila euro da lasciare in deposito come capitale fiscale, dopo che hanno affittato l’immobile, pagato il notato, comprato le macchine, assumi i dipendenti…sono cose che contano molto. Gli imprenditori italiani qui in Spagna, e in particolare a Valencia, hanno trovate un clima fiscale perfetto, oltre a un bel clima con 350 giorni di sole…”. Per approfondire https://italian-business.eu; www.lucavaccaricom