Avete dei figli che praticano sport su un campo sintetico? Siete genitori fortunati perché non dovete combattere con palta e fango che intridono le divise e sporcano le scarpe da gioco. Ma sappiate che non è tutto oro quello che luccica, dal momento che da analisi specifiche effettuate su quel tipo di terreno, sono state evidenziate contaminazioni dovute all’acqua di lavaggio, al calpestio degli atleti, ma anche come conseguenza del sudore, degli sputi e anche del sangue perso a seguito di piccole abrasioni. In effetti, se ci soffermiamo a pensarci, su quei campi  (ac)cade di tutto. Un focolaio di batteri, dunque, tra Escherichia coli, stafilococchi e altre specie aerobiche, potenzialmente dannose per la salute di chi, a volte quotidianamente,  frequenta questi campi coperti artificiali.  Pur essendo manti di gioco diversi tra loro, con gradi di usura differenti, dalle analisi fatte risultano condizioni di cariche batteriche pressoché simili. Gli esiti dello studio innovativo condotto dalla cattedra di Microbiologia dell’Università degli Studi di Catania non sono di certo rassicuranti, anche se si tratta di uno step preliminare che pone le basi di ulteriori indagini microbiologiche ben più approfondite. E’ importante capire l’origine della contaminazione, ma, come dichiara la prof.ssa Cinzia Randazzo, docente di Microbiologia Agro-alimentare, direttamente coinvolta nello studio, “l’obiettivo è quello di mettere a punto delle soluzioni efficaci per garantire la qualità igienico-sanitaria degli impianti sportivi a tutela della salute di chi li frequenta, soprattutto giovani e giovanissimi”. Un allarme da non trascurare visto che in Italia sono più di duemila i campi in erba sintetica, utilizzati specialmente per il calcio e il calcetto e distribuiti sul tutto territorio nazionale, anche se con una maggior presenza nel Sud Italia.

Tag: