celluA me, capita spesso di essere presa dall’ansia di ritrovarmi con il cellulare scarico (ma quanto durano queste maledette batterie?), o con il telefonino senza credito. Come possiamo essere così condizionati da un aggeggio? Io, che mi reputo una persona razionale e, soprattutto, non massificata, non avrei mai voluto entrare a fare parte della comunità dei nomofobi. Invece eccomi qui, a condividere il medesimo stato d’animo di chi, magari, imposta google maps per raggiungere una meta con il timore, a volte il terrore, di restare senza rete o con la batteria a terra. Come se chiedere informazioni ai passanti fosse stato proibito per legge. E siamo veramente in tanti: si parla di milioni di persone in tutto il mondo, italiani compresi. Mi devo rassegnare, perché in tutto ciò di razionale c’è ben poco, come, del resto, in tutti i casi di forme di dipendenza. Anche se il termine non piace, anche la dipendenza da smartphone è una malattia perché “causa delle interferenze nella produzione di dopamina, noto come neurotrasmettitore che regola il circuito cerebrale della ricompensa”. E’ diventata un’ossessione, soprattutto per i giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Sapete come sono stati definiti dai ricercatori questi individui? Ebbene, sono giovani adulti con bassa autostima e problemi nelle relazioni sociali, che sentirebbero il bisogno di essere costantemente connessi e in contatto con gli altri attraverso il telefono cellulare. Ma c’è di più, non è finita qui. Nonostante i sintomi siano molto simili a quelli dell’ansia, uno studio condotto da ricercatori dell’Università Federale di Rio de Janeiro sembra indicare che la Nomofobia sia da considerare una dipendenza patologica piuttosto che un disturbo d’ansia. Va bene, ma ci dobbiamo preoccupare? Gli studiosi italiani, invece, cosa ne pensano? Spero non siano così pessimisti. Non sono state condotte molte ricerche in proposito, anche se già nel 2014, come ricorda un lancio stampa di oggi di FoundComunicazione, gli italiani Nicola Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente, studiosi dell’Università di Genova, avevano proposto di inserire la Nomofobia nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Aiuto. Ma come si può riconoscere la Nomofobia? Quando una persona prova una paura sproporzionata di rimanere fuori dal contatto di rete mobile, al punto da sperimentare effetti fisici collaterali simili all’attacco di panico come mancanza di respiro, vertigini, tremori, sudorazione, battito cardiaco accelerato, dolore toracico, nausea, ecco, siamo di fronte a un nomofobo. Poi, ci sarebbe anche un’altra categoria di cellulari-dipendenti. Quelli che si riconoscono perché tengono, per strada, lo sguardo verso il basso, rivolto unicamente al cellulare. Scendono le scale della metropolitana interagendo con il loro smartphone. Capirete, hanno cose urgenti da evadere, come mettere un “mi piace” alla foto della piantina di cicoria immortalata dal vicino di casa. E pazienza se, dietro di loro, si forma la coda. Non si può mica aspettare. Magari non si possono chiamare nomofobi, ma io un paio di definizioni, per loro, le avrei…

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