Latte bio o non bio? Quali sono le differenze? Ne esistono davvero, o sono solo sulla carta? Come consumatrice, appassionata di latte e di yogurt, ho voluto approfondire l’argomento perché quando vado al supermercato l’offerta del reparto latticini è talmente varia e vasta che risulta davvero difficile scegliere. Ogni volta, mi attardo su questo dilemma: bio o non bio? Sono diverse le aziende che producono latte convenzionale e il rispettivo bio. Mi è capitato, di recente, di fare un viaggio in Alto Adige dove ho visitato la latteria di Vipiteno. Pensate che, giornalmente, vengono conferiti 150mila litri di latte dai soci e tra questi litri, una certa quantità è composta dal latte bio. Certo che vedendo come vivono le mucche su quei meravigliosi pascoli, è difficile per me fare una distinzione tra loro e quelle che, invece, ricevono un trattamento privilegiato. Ho scoperto che le mucche che producono latte biologico sono definite “da fieno” perché si cibano, in estate, di erba fresca e in inverno di fieno essiccato al sole durante la bella stagione. Il loro nutrimento è 100% naturale. Il bestiame destinato alla produzione di latte biologico deve essere lasciato libero al pascolo il più a lungo possibile, anche nei mesi invernali e eventuali mangimi utilizzati, quando il bestiame si ritira, devono essere al 100% certificati biologici. Questa cura nell’alimentazione delle mucche consente di ottenere un prodotto finale con un apporto doppio di grassi Omega 3 rispetto al latte “convenzionale”. Interessante, visto che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare questi grassi insaturi definiti, non a caso, essenziali e che si trovano solo in certi pesci. E che dire dell’acido linoleico che appartiene, invece, al gruppo degli Omega 6? Alla fine dei conti, però, bio o non bio, ciò che conta è che il latte (e i tanti suoi derivati) sia sano, prodotto seguendo le regole, presente sulle tavole degli italiani.

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