C’è una discussione che continua ad animare il dibattito del nostro piccolo club. Conviene farla emergere di nuovo. Riassumo: in veneto la disoccupazione è a livelli bassissimi, tanto che i dipendenti del settore privato, nonostate contratti a tempo indeterminato, non resistono più di un anno nel posto fisso: si auto precarizzano. Grazie a Giampiero e a tanti amici che hanno animato la discussione abbiamo però scoperto che nella sanità pubblica veneta è il contrario: c’è un abuso del precariato con medici, infermieri e tanti altri che nonostante l’impegno in organico hanno contratti a termine.
Vorrei fare qualche appunto.
1. In Italia un dipendente su sei ha come datore di lavoro lo Stato, nelle sue diverse articolazioni
2. Per contenere la spesa pubblica i governi hanno bloccato le assunzioni, facendole però rientrare dalla finestra grazie ai contrattini a tempo.
3. La distribuzione dei lavoratori pubblici in Italia ha seguito logiche di sostegno dell’occupazione e non piuttosto di servizio pubblico in senso stretto
4. Il caso della sanità veneta sembrerebbe eclatante, vieppiù perchè in un contesto in cui il privato è in piena occupazione
5. Il caso pubblico del Veneto più che dimostrare gli abusi della flessibilità, dimostra gli abusi della rigidità: medici, infermieri, e gli altri sono appesi ad un filo contrattuale, per il semplice motivo che 3,5 milioni di dipendenti mal distribuiti in Italia sono intoccabili, inamovibili.
6. Dal punto di vista contrattuale e individuale l’urlo veneto è comprensibile e giustificabile: ma non si pensa che sia il frutto marcio di una politica del lavoro pubblico dissennata e improduttiva?
7. Gli effetti delle scelleratezze di finanza pubblica hanno effetto ritardato. Solo i giovani di oggi, ad esempio, pagheranno la follia dell’abolizione dello scalone Maroni.