Vi segnalo un bel articolo di Claudi Borghi sul Giornale di un paio di giorni fa. Si parla dell’intesa governo-banche sulla rimodulazione dei mutui a tasso variabile. Borghi dice chiaramente e subito che “non si tratta di un regalo” e mette in chiaro (è il caso di dirlo, vista la semplicità con cui spiega la manovra) la portata del provvedimento.
Due sole notazioni aggiuntive e provocatorie.
1. Gli economisti lo chiamano moral azard: è la circostanza per la quale un individuo o un impresa assume rischi alti sapendo che poi alla fine qualcun altro sarà tenuto a pagare per il comportamento che eventualmente si è rivelato troppo rischioso. Ebbene ci si può domandare se questo intervento dello Stato non crei l’impressione che gli errori di valutazione dei cittadini possano essere sempre e comunque sanati dal legislatore. Chi ha contratto un mutuo a tasso variabile sapeva che il tasso sarebbe potuto cambiare. L’ha fatto perchè inizialmente i saggi erano bassi, ma poi quando sono saliti, zac ci pensa l’aiuto di mamma stato-banche.
2. La convezione pensata da governo-abi ha un forte effetto di riduzione della concorrenza. Chiunque avesse avuto una rata alta avrebbe (grazie alla Bersani, per la verità molto osteggiata dalle banche) potuto verificare offerte alternative per portare il mutuo in banche alla ricerca di nuovi clienti e dunque disposte ad applicare condizioni migliori. Con la rimodulazione prevista dalla convenzione, si fa tutto in casa. Dunque le banche si tengono stretti i propri clienti: gli fanno diventare la rata fissa e se li tengono così in portafoglio per decine di anni. Senza alcun rischio che qualche istituto bancario particolarmente aggressivo vada a rompere loro le scatole.
I circa 1,5 milioni di italiani con la rata alta otterranno un beneficio temporaneo a cambiare il mutuo in fisso e per di più ai tassi del 2006, ma l’Italia perderà in termini di concorrenza del sistema e di educazione finanziaria dei suoi cittadini.