Ritenevo che i fan di Travaglio fossero peggio del loro modello. Mi sbagliavo: non tutti. Oltre a centinaia di insulti, ci sono infatti molti lettori affezionati di Travaglio che sono persone ragionevoli. Semplicemente sono stufi marci di un paese che non cambia nei suoi vizi diffusi. Molti dei miei critici infatti dicono una cosa semplice: quello che emerge dalle carte dell’inchiesta è una schifezza. Lo credo anche io con loro. Se avessero avuto la pazienza di togliersi i paraocchi lo avrebbero visto e sentito anche in trasmissione. A differenza loro ritengo però che da questa inchiesta, per il momento, manchi la ciccia, il corpo del reato, la pistola fumante. Quella per la quale si va in galera, per intenderci. E che comunque fino a prova contraria Bertolaso è innocente. E non sono le intercettazioni telefoniche tra due persone che possono inguaiare un terzo. Banale no? ma ripeto anche su questo, per carità, si discuta, come molti miei critici hanno fatto. E come Gomez e Santoro peraltro hanno fatto nella trasmissione.
Ma arriviamo a Travaglio. Oggi sul Fatto Quotidiano scrive un pezzo molto volgare. Dimostra come la fama ad un certo punto faccia perdere davvero la testa. O diciamo essere vittime del proprio ruolo costringe a gettare la palla sempre più in alto. Se Travaglio ritrovasse un po’ di calma (soprattutto interiore, fantastica l’interprestazione junghiana che ha dato un simpatico commensale sull’ombra) non scomoderebbe “Ricucci, i froci, la merda, la paghetta, il servilismo”, per dire in sessanta righe che non condivide la mia posizione.