Si ha l’impressione che ogni tanto (un po’ troppo spesso, per la verità) all’interno del governo si insinui uno spiritello malvagio che ne combina di tutti i colori. Insomma, come fa un liberale ad accettare che con decreto si tolgano dei quat­tri­ni dalle tasche degli automo­bilisti per depositarli in quelle di Nanni Moretti? Come fa un liberale a sopportare che, sem­pre con un decreto, il governo si impicci delle assemblee di un’azienda privata, e per di più quotata in Borsa (già venduta all’estero anni fa), per favorire un’alternativa a un’acquisizione straniera? E come fa un liberale a tollerare la sbalordi­tiva giravolta sul nucleare?

Cerchiamo di essere molto chia­ri. La prerogativa delle sciocchezze non è solo del governo italiano. Ba­sti pensare al nucleare: la signora Merkel, tutta preoccupata dai suoi pessimi risultati elettorali, sta facen­do ben di peggio di quanto ha deli­berato l’Italia con la sua moratoria. Ma il punto, caro presidente Berlu­sconi, è che Lei, solo poche settima­ne fa, in una bella lettera al Corriere della Sera aveva riaffermato con vi­gore la necessità di una scossa, di una frustata all’economia italiana. Nel Consiglio dei ministri all’uopo convocato, aveva abbozzato un’ipotesi di lavoro. Ma certamen­te aveva indicato una strada: più li­beralizzazioni, più libertà di impre­sa. Questa è roba che ancora piace. Per carità, aprire il mercato crea problemi: soprattutto a coloro che godono e sfruttano le chiusure. Ma, caro presidente, è davvero con­vinto che gli italiani siano «felici di contribuire con un centesimo delle proprie tasse al finanziamento del­la cultura»? È davvero convinto… Stop, sarebbe meglio dire. Si è forse improvvisamente convinto che sia giusto un prelievo forzoso su 37 mi­lioni di patenti italiane, oltre a ciò che già abbondantemente pagano, per compiacere un’industria che è certamente grande, ma proprio per questo potrebbe badare a se stessa? Caro presidente, le avranno detto come costoro le hanno rispo­sto: «Sono soldi che ci spettavano».

Ecco, presidente, davvero un li­berale può sopportare l’idea che tutto spetti a tutti? Davvero si può pretendere da avvocati, commer­­cialisti, ragionieri, giornalisti, tassi­sti, costruttori e via dicendo, mag­giori liberalizzazioni, e dunque più competizione e merito, e poi decre­tare in un Consiglio dei ministri che una società come Parmalat, quotata in Borsa, debba finire sol­tanto a qualcuno che ha il passa­porto italiano? Chi decide cosa sov­venzionare e proteggere e cosa no? È evidente che ci si mette in un cul de sac . Abbiamo sostenuto la modi­fica dell’articolo 41 della Costitu­zione, che lei ha proposto, esatta­mente per questo motivo. Non si sa­rebbero più commessi gli errori del passato, con liberalizzazioni ad personam, ma l’intero sistema sa­rebbe stato improntato alla libertà di impresa. Si ha l’impressione che il sistema ora rischi di essere im­prontato agli umori del Consiglio dei ministri. Ai suoi piani, più che a quelli del mercato. L’agroalimenta­re è certamente un settore strategi­co. Come tutti quelli che produco­no ricchezza. Ma facciamo un gio­co al contrario. Sa forse indicarci, con la medesima perversa logica con cui si intende bloccare il merca­to nel caso Parmalat, quale settore non sia strategico? Paradosso dei paradossi, nel settore elettrico-nu­cleare, strategico per definizione, aveva inevitabilmente dovuto affi­dare la tecnologia ai francesi.

Lei, gran borghese che si è fatto da solo, indugi qualche volta nel­l’aristocratique plaisir de déplaire di Baudelaire. Racconti piuttosto che, grazie alla sbornia del fotovol­taico, nei prossimi 20 anni gli italia­ni avranno le proprie bollette gra­vate di oneri impropri per 80 miliar­di di euro. Dica che aumentare le tasse sulla benzina utilizzando il ri­cavato a favore dei teatri lirici et alia è una straordinaria imposta regres­siva: toglie a tutti, tra cui i più debo­­li, per dare a pochi. Sostenga con forza che il mercato non lo si può invocare,come l’arbitro,solo quan­do fa comodo e definirlo cornuto quando ci assegna un rigore con­tro.

Oppure, come direbbe lei, si astenga dall’eccitare i liberali con quei bei propositi liberalizzatori consegnati al Corriere e al Consi­glio dei ministri di sole poche setti­mane fa. Meglio rassegnati che de­lusi.

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