Il vantaggio di una promessa demagogi­ca­negli affari econo­mici è straordinario. Si ottiene subito il con­senso e il prezzo si paga a babbo morto. Alcuni po­l­itici e taluni sindacalisti conoscono bene la pro­cedura. La prima Repub­blica è stata in parte co­struita sul debito pubbli­co: una mostruosa pro­messa che paghiamo og­gi.

Prendiamo il caso Fin­cantieri. Gli operai mani­festano violentemente contro un piano indu­s­triale che prevede mas­sicci licenziamenti. Tut­ti cercano di mediare. La realtà dura e cruda è che gli operai che oggi deva­stano le sedi della politi­ca sono gli stessi che ieri protestavano contro la privatizzazione del­l’azienda. Una gran par­te di loro (con molte no­bili eccezioni) si accodò all’assurdo diktat ideolo­gico della Fiom che ha preteso, e ottenuto, di mantenere in mano pub­blica i­l gigante della can­tieristica. La privatizza­zione e gli 800 milioni di cassa che si sarebbero ri­cavati sono svaniti e oggi ne paghiamo il conto. I responsabili che ieri han­no brindato alla sventa­ta privatizzazione sono oggi in prima fila a occu­pare i municipi.

In val di Susa sono sei anni che l’Unione euro­pa­aspetta che si inizi a fa­re qualche buco. Comita­ti locali e politici, favolo­si nel raccogliere il con­senso immediato, si op­pongono. Abbiamo tem­po fino al 31 maggio: poi perdiamo finanziamen­ti e tunnel. Le valli guada­gneranno qualche mese di tranquillità. La stessa che perderanno tra po­chi anni, quando gli stes­si comitati, ma con slo­gan diversi, ci racconte­ranno dei problemi del­la disoccupazione loca­le, del declino del Nord Ovest, della mancanza di futuro dei loro giova­ni, dell’incapacità di sta­re al passo con l’Europa.

A Napoli anche i muri sanno che il problema principale è quello dei ri­fiuti. Il centrodestra pro­pone la costruzione di un termovalorizzatore. De Magistris (il magistra­to che rifiuta etichette) pensa alla green eco­nomy. A soli pochi chilo­metri di distanza, a Saler­no, proprio grazie a un termovalorizzatore e a un ottimo sindaco di sini­str­a il problema è stato ri­solto. Cosa è più facile «narrare»? La capitale del Sud immersa nel ver­de di un ecologico con­t­rasto ai rifiuti o la costru­zione di un impianto che li bruci? State certi che la green economy ac­chiappa. Ma state anche certi che tra quattro an­ni, con soluzioni così, ci ritroveremo punto e a ca­po.

E a Milano? Alberto Bi­sin (un docente liberale spesso durissimo con le ricette del centrodestra) scrive: il candidato Pisa­pia «ha un piano che con­tiene interventi grave­mente errati come un non ben definita forma di equo canone». Cano­ni calmierati per tutti. Mi­ca male in una città che soffre di affitti alle stelle. Ma pensate davvero che questa sciagurata idea (cento volte più deva­stante dell’altrettanto populista idea di cancel­lare le multe, che da am­bienti di centrodestra sta circolando) non por­ti al b­locco totale delle lo­cazioni milanesi? L’effet­to annuncio di canoni equi fa presa. Quando ci sveglieremo con una cit­tà economicamente morta, sarà difficile tro­vare il responsabile. Ba­sti pensare che oggi perfi­no a Napoli si fatica a ca­p­ire di chi sia la responsa­bilità dello sfascio.
Fincantieri, Tav, green economy ed equo cano­ne rappresentano la ve­ra violenza di una brutta campagna elettorale. Rappresentano quell’or­ribile tratto della politica per cui si racconta ai cit­tadini che il loro pasto sa­rà gratis per sempre.