Quelle urla di giubilo, quelle monetine davanti al Quirinale, quei gesti di vittoria, quegli insulti di piazza sono stati indecorosi. Il cavaliere ha fatto il suo tempo, e forse lo ha tirato anche troppo a lungo. Ma ieri sembrava di stare ad una finale dei mondiali di Calcio. Il punto è che l’Italia, comunque la si veda, non ha vinto alcuna partita. Anzi non l’ha neanche giocata: nessuna elezione, nessuna maggioranza parlamentare, niente di niente. I problemi restano tutti là dove sono. Coloro che non hanno condiviso le politiche del Cav, coloro che lo hanno anche detestato per il suo privato esibito e compiaciuto, ieri hanno dimostrato in piazza di essere l’altra facia sconcia del berlusconismo. Grazie al cielo non tutta l’opposizione è così. E in molti avranno gioito con la sobrietà che è propria dei casi della vita e delle sconfitte dell’avversario. Ieri il popolo viola, lo stesso che contestava le timide liberalizzazioni della riforma universitaria e si batteva contro la finta privatizzazione dell’acqua, urlava festosa per l’arrivo di Monti. Proprio colui che esattamente le medesime riforme dovrà fare. Ieri gli indignados scendevano in piazza, insultando giocosi per l’arrivo di Monti. Proprio l’uomo di quelle banche, di quella Goldman Sachs, che questi giovani semplificatori ritengono essere la causa di tutti i mali.
Ieri è andata in onda un Italia ridicola. Raccontata, compiaciuta, da una Repubblica (leggere per credere) al cui confronto il Giornale corrivo sembra una pallida copia.
Stasera verrà nominato Monti. Avremmo preferito le elezioni subito. Ma ora che c’è, in bocca al lupo. E che riesca a fare ciò che il suo dna liberale lo dovrebbe portare a fare.

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