Nelle sale operative della nostra miniCity finanziaria ci si interroga sulle conseguenze di mercato per l’arrivo di Letta&Co al governo. Il presidente incaricato conosce bene il mondo degli affari e una delle sue sentinelle, il deputato Francesco Boccia, ha le idee molto chiare. Fu il giovane parlamentare pugliese, ad esempio, a fare fuoco e fiamme, anche contro il parere del suo partito, contro l’introduzione della Tobin tax >all’italiana. Un’imposta che non dà gettito e che contribuisce a distruggere quel poco di finanza che ancora resiste a Milano. Nelle settimane scorse Magnus Wilberg (economista al ministero delle Finanze svedese) sul Financial Times ammoniva: «Noi la Tobin tax l’abbiamo provata. E non funziona».
Il tema fondamentale è ovviamente quello che riguarda il rinnovo del nostro debito pubblico, gli spread sui titoli tedeschi e l’atteggiamento da tenere in Europa.
L’idea di fondo è che l’Italia oggi si trovi finanziariamente meno isolata. È di tutta evidenza, nelle sale operative, che il vero guaio d’Europa siano oggi i conti della Francia e le pulizie delle banche tedesche. Il conflitto tra falchi e colombe da sotterraneo è diventato palese. E un’attività di lobbying antiausterità a Bruxelles oggi è ben più facile di ieri. Il prossimo governo sa bene di poter godere di una luna di miele con i mercati che non dipende da esso, ma dalla congiuntura internazionale. Ci sono tre elementi positivi che non si possono perdere:
1. Siamo in una situazione di risk ON mondiale. È aumentato l’appetito per attività a rischio. Quest’anno i titoli spazzatura americani (quelli a breve rendono intorno al 6 per cento) garantiscono tassi inferiori rispetto a cinque anni fa. Il mondo dei risparmiatori è alla disperata ricerca di rendimenti, che oggi non riescono a trovare sul mercato.
2. La liquidità mondiale è salita a livelli inimmaginabili solo pochi mesi fa. Le recenti mosse espansive della Banca del Giappone (che seguono quelle della Fed) hanno creato (direttamente e indirettamente) una bolla di cash che si sta riversando in Europa. Hsbc la calcola vicina ai mille miliardi di dollari.
3. Il combinato disposto delle prime due situazioni sta comportando un rimescolamento mondiale degli investimenti. Se fino a pochi mesi fa i tedeschi compravano solo carta tedesca e così per le grandi nazioni, oggi si inizia a diversificare geograficamente, alla ricerca di affari.
Si tratta di una tempesta perfetta. O meglio, di una bonaccia perfetta per l’Italia. Le sue basi sono economicamente fragili (stampare moneta non è la soluzione reale del problema), ma gli operatori ragionano sull’oggi. Nel lungo periodo saremo tutti morti diceva quell’economista.
A ciò si aggiunga che anche le aspettative non sono pessime. Parliamo di attese finanziarie e non di crescita reale (che è un altro discorso). Prendiamo ad esempio i nostri titolucci di Stato. E dividiamo il discorso in due.
Un tedesco oggi si porta a casa un rendimento pari a zero sulle scadenze brevi. Ma se mettesse un po’ di liquidità nei Bot a sei mesi, avrebbe una cedola di circa lo 0,5 per cento. Con la certezza che la Banca centrale europea e il suo programma varato da Draghi pongono un ombrello di protezione su questo genere di titoli pubblici.
Ma c’è un secondo elemento che tiene il rendimento dei nostri titoli di Stato più alto dei suoi concorrenti, ma tutto sommato calmierato, e cioè l’impegno diretto del bilancio della Bce sul nostro debito pubblico. Semplificando, e di molto, si può dire che circa un quarto della nostra carta è in mano a Francoforte. E se saltiamo noi, salta dunque l’euro. Il conto è presto fatto. Dal bilancio della Bce si vede come nei suoi conti ci siano già circa 105 miliardi di euro di Btp. A questi si possono, con un po’ di disinvoltura, sommare i 270 miliardi di euro che la Banca centrale europea ha fatto arrivare ai nostri istituti di credito e che questi hanno investito in titoli pubblici. È una ragnatela per la quale se prima l’Italia era too big to fail (come si diceva per salvare le banche a stelle e strisce durante la crisi di mutui) ora lo è ancora di più.
Questa congiuntura economica fatta di enorme liquidità ed Europa compromessa con il nostro debito rappresenta un’arma negoziale fenomenale per il prossimo governo. Non sarà facile sprecarla. Anche se non impossibile.