Converrebbe dire chiaro e tondo che nel 2013 l’Italia ha già sfondato la soglia legale e psicologica del deficit al 3 per cento. Non raccontiamoci frottole. Il deficit è infatti sempre considerato in rapporto al Pil, cioè alla ricchezza prodotta. Più è cicciotta la ricchezza di un Paese e più il rapporto (a parità di spesa pubblica) deficit-Pil, migliora. Il problema è che i documenti di finanza pubblica (il Def in particolare) sovrastimano la ricchezza che saremo in grado di produrre quest’anno e dunque sottostimano il fabbisogno che registreremo a consuntivo. Abbiate pazienza e cerchiamo di essere più chiari. Secondo l’ufficialità il Pil italiano quest’anno dovrebbe decrescere dell’1,3 per cento. Palle. Le cose vanno molto peggio, purtroppo. E la discesa sarà quasi doppia. Almeno a vedere il primo semestre.
Seconda questione. I nostri ragionieri sono convinti che aumentando le aliquote porteranno a casa più ricavi per loro, cioè più tasse per noi. Falso. Come dimostrano benzina e imposte dirette (cioè quelle sui redditi), all’aumentare delle aliquote nominali scende il gettito dello Stato.
Per farla breve, la ricchezza cresce meno del previsto e dunque peggiora il rapporto deficit-Pil. Ma allo stesso tempo peggiorano gli incassi per lo Stato, nonostante gli inasprimenti fiscali: raddoppiando l’effetto negativo sul deficit.
Uno dei buoni motivi che il governo ha nel non chiedere all’Europa una deroga della regoletta del tre per cento è che, di fatto, l’ha superata. Il meccanismo è sempre il solito. Alla fine del 2013, o meglio ad inizio 2014, confesseremo quello che oggi è già chiaro e cioè che non ce l’abbiamo fatta. E la scusa sarà la solita, la crisi è stata peggiore del previsto. Anche se già oggi sappiamo il destino che ci attende.
Per questo motivo l’atteggiamento del governo in tutte le sue componenti ha un sapore ipocrita. Ecco perché dire (da parte del centrodestra) di essere riusciti ad evitare Imu e Iva è assurdo. Fino ad oggi abbiamo solo comprato tempo. E per di più, come nel caso dell’Iva, obbligando le imprese a pagare in anticipo ciò che sarà dovuto domani, creando un problema di liquidità in periodo di credit crunch non indifferente. Da una parte lo Stato continua a non pagare i suoi debiti, dall’altra pretende gli incassi fiscali in anticipo. Una cosa da pazzi.
Non è facile governare. Soprattutto in un periodo di crisi come questo. Sarebbe però necessario fare una grande operazione verità. Raccontando ciò che solo tra poco sarà ufficiale, ma che già ora è chiaro.
1) Il deficit al tre per cento è un sogno.
2) Non ci possiamo più permettere questo welfare e dobbiamo drasticamente ridurre la spesa pubblica. Altro che spending review, dobbiamo cambiare il paradigma del nostro Stato sociale. Non ce lo possiamo più permettere.