Per capire l’innesco, la sceneggiatura, di una rivoluzione borghese, o se preferite della classe media impoverita, basta tradurre in pagina il comportamento della nostra classe dirigente. Per se stessa applica il principio del «postdatato», mentre per il resto del mondo quello del «retroattivo». Andiamo al dunque. Si chiede a gran voce la riduzione (non fosse altro che per motivi di sobrietà istituzionale) dei costi della politica. I nostri geni si adeguano, producono una legge che avrà effetti nel prossimo futuro. Con il retropensiero che, passata la nottata, si possa sempre cambiare la norma al momento della sua esecuzione. Si taglia il finanziamento pubblico ai partiti, per dirne una, ma a partire dal 2017.
Quando però la norma riguarda la gente comune, l’esecuzione è retroattiva. Altro che postdatata. Si applica una patrimoniale sui conti di deposito, ma a valere da ieri. Quindi è impossibile scappare. Si alzano le aliquote dell’Imu a dicembre, ma riguardano l’anno appena trascorso. Sono riusciti a inventarsi un acconto sulle imposte future superiore al 100 per cento di quanto presumibilmente dovuto. Le norme fiscali, nonostante lo Statuto dei contribuenti, sono spesso retroattive. Inchiodano al passato, senza dare la possibilità ai contribuenti di mutare, anche opportunisticamente, i propri comportamenti. L’Italia è l’unico Paese al mondo in cui una norma fiscale restrittiva si applica anche per il periodo in cui essa non era ancora vigente.
Ecco, non c’è bisogno di scomodare lo scrittore Ballard per capire i motivi dell’insofferenza e della rabbia che ci invade, basta fare una telefonata al commercialista.

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