Ve la mettiamo facile: questi stress test sono una boiata pazzesca. E il motivo è semplice: i burocrati sono più bravi a spiegare che a capire. Per chi non lo sapesse (ma chi non lo sa?) i regolatori bancari europei hanno imposto ai 130 istituti di credito più importanti di far bene i conti.

Grazie all’opera di occhiuti e incorruttibili funzionari sono stati riclassificati tutti i bilanci bancari. Sono stati rivisti in particolare le qualità dei prestiti erogati in relazione alle garanzie fornite. E poi sono stati immaginati alcuni scenari finanziari (di stress appunto) per vedere quanto avrebbero retto i tetti delle banche. Per inciso, grazie a quanto già aveva fatto il nostro regolatore interno e cioè la Banca d’Italia, poco o nulla è successo di sorprendente per le nostre banche.

Chiunque legga questa righe, non potrà dunque che compiacersi con l’attività dei regolatori. La materia, cioè il credito, è roba importante, si dirà, e non può essere affidata solo alla capacità dei banchieri o al mercato. Con gli stress test insomma ci si vuole mettere al riparo da possibili nuove crisi bancarie come quelle del 2007-2008 (la overdose di subprime) ed evitare all’economia mondiale di beccarsi un’altra botta. Ecco, chi scrive ritiene che gli stress test siano una boiata proprio per questo: non saranno loro ad allontanare la prossima crisi bancaria, ma certamente sono stati loro a mettere sotto inutile stress burocratico le banche di tutta Europa.

L’idea fanciullesca della Bce e dei suoi diffusi sodali è simile a quella di un bambino che ritiene una montagna la più grande del mondo solo per il fatto che l’ha appena vista. Non sa che esiste l’Himalaya, ma ha appena scorto il Terminillo e lo ritiene il rilievo più grande del pianeta. Alla Bce soffrono della stessa illusione cognitiva: si ricordano solo dell’ultima crisi bancaria e su quella basano ogni loro analisi.

Alan Greenspan, che non era un bambino alle prime armi, testimoniando al Congresso degli Stati Uniti all’indomani dello scoppio della bomba subprime disse: «Non era mai accaduto prima». E grazie. Se fosse successo forse avrebbero provato ad arginarlo per tempo. C’è da ritenere che Mario Draghi e tutti gli economisti mainstream che hanno imposto gli stress test alle banche europee, all’indomani della prossima crisi del credito diranno: «Non era mai successo prima».

Quello che vogliamo dire con Nassim Taleb, è che in economia e finanza c’è sempre un cigno nero, cioè un evento rilevante altamente improbabile. E pensare di fare i compiti a casa, per quanto sofisticati, non potrà evitare che esso si presenti. Non ci rassegniamo alla crisi, al pauperismo, non critichiamo il modello capitalistico, ma sosteniamo più banalmente che non sia importante evitare le crisi (purtroppo ci sono e ci saranno), ma attrezzarsi al meglio per quando arrivano. Il problema non è evitare che si riproponga la gelata, ma cercare di avere scorte di energia per quando arriva.

L’idea alla base dello stress test, al contrario, è l’opposta. Essi rappresentano la mostruosa presunzione costruttivista (direbbe Hayek) per la quale se i regolatori e le norme fanno e prescrivono le cose giuste, tutto si determinerà ad andare per il verso giusto. Ma quando mai. Gli stress test, una volta passati, semmai ci rilassano. Al più possono evitare che si ricreino le condizioni per le quali si è verificata la crisi immediatamente precedente.

L’attitudine umana a voler incasellare e rendere tutto prevedibile non è propria dei soli economisti. Oggi quasi tutti gli storici sostengono che i segnali dell’arrivo della grande guerra c’erano tutti: gli storici retrospettivi considerano inevitabile la guerra mondiale. Un grande storico come Ferguson ha dimostrato come la grande guerra, al contrario, sia giunta in modo inaspettato e lo fa analizzando l’andamento delle obbligazioni imperiali e i loro prezzi che non scontavano affatto l’arrivo di un conflitto.

Gli stress test fatti sulle 130 banche europee ci raccontano una particolare del quadro e per di più con l’utilizzo di una prospettiva ex post. Qualcuno poteva prevedere il crollo di Wall Street del 19 ottobre del 1987, o cinque anni prima la botta creditizia dovuta al crollo del Sud America o il fallimento di dieci anni dopo del fondo Ltcm? Tutti gli accorgimenti burocratici e regolatori adottati in seguito sono forse serviti a bloccare la crisi dei subprime che si manifesta dieci anni dopo? Se si ritiene che il particolare sia il tutto, ci troveremo semplicemente più scoperti al prossimo stormir di foglie. Ogni norma e stress in più, contribuisce a ridurre la principale qualità che deve avere un grande banchiere: il buon senso. E la capacità di mantenerlo anche quando si è perso il senso comune.

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