Sono tutti molto gasati per la mossa di Draghi. Il che di per sé è un bene. Oggi manca ottimismo, speranza nel futuro, insomma un po’ di fiducia. Il credere nel potere taumaturgico di qualcosa o qualcuno se serve a tirare su il morale e ad alimentare la voglia di spendere, ben venga. Ma attenzione l’acquisto dei titoli di stato da parte della Banca centrale, che alla bisogna stampa moneta, non cura tutti i mali.
In particolare non aumenterà il credito alle imprese. Non si intende demonizzare le banche. Hanno un ruolo importantissimo nel capitalismo di mercato. Ma ogni tanto, anche a nome loro, si vanno raccontando in giro un bel po’ di balle. Come questa storia per la quale grazie alla mossa di Draghi il credito bancario sarà più facile. La verità è che cambierà poco nulla. Se non che i titoli delle società creditizie quotate, dovrebbero aumentare di valore. Ottimo per i loro azionisti. Ma nulla a che vedere con l’erogazione dei prestiti. Vediamo il perché.
La Bce comprerà 60 miliardi di euro al mese di titoli di Stato (con una frazione di obbligazioni private). Gli istituti di credito italiani che nel passato si sono riempiti di questa carta (il Tesoro non sapeva ad un certo punto a chi venderla) avranno più liquidità. Ma attenzione. Il freno al credito oggi non nasce mica dalla poca liquidità (cash in cassa). Si presta poco per il combinato disposto della scarsa fiducia che le banche hanno (spesso a ragione) nel conto economico delle imprese e per i requisiti patrimoniali che oggi sono imposti alle banche dai regolamenti di vigilanza.
Tutti hanno assistito alla patetica bufala dei recenti stress test: essi hanno imposto alle banche sotto esame l’aumento del patrimonio, mica l’incremento della liquidità che è oggi merce che non manca a nessuno. Il problema dell’erogazione del credito bancario alle piccole e medie imprese non nasce certo dalla mancanza di liquidità ma da requisiti di capitale delle banche stesse. E su questi la mossa di Draghi non incide affatto.
Quando sul mercato arrivano 60 miliardi di euro al mese, stampati dal nulla, qualcosa comunque succede. Le banche si gonfiano di quattrini e cercano di impiegarli nel modo più redditizio e sicuro (visti i criteri di assorbimento del capitale) possibili. Una piccola, ma sufficiente, parte di queste risorse arriverà sui mercati finanziari (per quello le Borse esultano). Nel luogo, per noi italiani, meno efficace per ridare vita al credito. Il nostro listino è essenzialmente fatto proprio da titoli bancari. Ecco perché le loro quotazioni dovrebbero aumentare. Le altre imprese quotate (troppo poche in Italia) sono tra le poche che non hanno problemi: le banche le riforniscono a sufficienza e sono in grado di andare sui mercati internazionali e farsi finanziarie direttamente.
Quel che vogliamo dire è che vista la struttura del nostro capitalismo, la mossa di Draghi sarà del tutto ininfluente nell’aumentare il credito alle imprese. In Italia ci sono solo 3150 imprese sopra ai 250 dipendenti. Solo 22mila imprese da noi fatturano più di 10 milioni di euro. La stragrande maggioranza (3,5 milioni) hanno un fatturato inferiore ai due milioni. Devono diventare più grandi? Forse. Ma nel frattempo le risorse finanziarie per loro arrivano solo dal canale bancario. Con il contagocce.

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