I giovani industriali di Padova e Rovigo ieri hanno contribuito a restituire un po’ di legalità in questo paese approvando il loro Codice “dei valori e dei principi”. L’ideona è la seguente: i vertici delle due nobili associazioni giovanili si impegnano a lasciare le loro cariche in Confindustria se rinviati a giudizio. Segue lungo elenco di capi di imputazione per le quali si applica la tagliola: dalla falsità in monete ai reati societari, dai delitti con finalità di terrorismo ai reati tributati. Si è redatto un lungo e pedante elenco forse per escludere qualche reato: chessò spaccio. Sono fatti loro. Ognuno si da il codice di autodisciplina che vuole. In fondo trattasi di club. In Italia ci sono augusti consessi che non ammettono le donne e nobili circoli che attribuiscono palle nere e palle bianche in funzione dei quarti di nobilità.
Il tema è un altro. E cioè la gigantesca bolla di ipocrisia che le associazioni imprenditoriali rischiano di gonfiare. Ma cari ragazzi davvero pensate di fare i fenomeni, seccando i vostri iscritti che sono stati rinviati a giudizio? Non c’è bisogno di spiegare tutta la pappardella sulla presunzione di non colpevolezza. Non occorre ricordarvi che cedere anche un’insignificante e non retribuita seggiolina in attesa di giudizio, non ha nulla a che vedere con il ristabilire la legalità. È solo un gesto da fenomeni, appunto. Anche il governo (ma almeno la politica ha la scusa che deve fare tutti i giorni i conti con la demagogia e il populismo) aveva provato a far fuori i consiglieri di amministrazione delle sue controllate se rinviati a giudizio. C’è riuscito, ci sembra di ricordare, solo con l’Enel. Nel resto delle società quotate (dall’Eni a Finmecannica) tutti gli investitori esteri hanno votato contro questa previsione normativa considerata assurda.
In molti in Italia pensano di pulirsi la coscienza scrivendo documenti altisonanti, assumendo il birignao di savonarola legalitari. Pensate forse che le coop di Mafia capitale non avessero predisposto tonnellate di codici etici? O le vostre imprese coinvolte nello scandalo Mose pensate prevedessero negli statuti che pagare una stecca è cosa buona e giusta.
Forse qualcuno di Confindustria si ricorda del caso Scaglia-Rossetti? O dei centinaia di casi di piccoli imprenditori fottuti da inchieste che poi si sono concluse in un nulla di fatto. Se aveste il coraggio (non di fare i legalitari a chiacchere, ma i garantisti con i fatti) vi interroghereste ad esempio sull’allucinate espropriazione (prima di qualsiasi sentenza) del vostro consocio Riva. E invece no: fuori chi è rinviato a giudizio. Poi certo dopo un po’ di anni se assolto o archiviato si riprende il posto. Possiamo immaginare con quale voglia. E i reati fiscali? Non mi dite che a nessuna delle imprese della provincia di Padova e Rovigo non è accaduto di aver superato le soglie di presunta evasione fiscale per cui d’ufficio si è aperto un fascicolo in Procura? Voi meglio di qualunque altro dovreste ad esempio conoscere quanti imprenditori sono stati condannati per abuso del diritto. Veramente pensate che quelle aziende e i loro imprenditori siano dei delinquenti?
Una grande lobby imprenditoriale, soprattutto nella sua componente più giovane e meno istituzionale, forse oggi dovrebbe andare contro vento. E ricordare ai legislatori che ci stanno ingabbiando, che le manette agli evasori in italia è uno slogan buono per prendere solo gli sfigati, che la legalità non si fa con i codici etici ma con meno burocrazia, che l’evasione fiscale non si combatte con le sentenze interpretative della cassazione e il solve et repete delle agenzie fiscali, ma riducendo aliquote e adempimenti. E che se esiste un problema è che norme, leggi, pandette e magistrati che le mettono in pratica, girano ad un ritmo e ad una velocità incompatibile con l’impresa moderna.
Questa sarebbe stato coraggioso, non la boutade da circolo verdurin della buona informazione sulle dimissioni dalle cariche confindustriali. Che serve a nulla , se non a rendere sempre più soli e indifesi i vostri associati che combattono contro la bestia statuale.

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