bacioQuando si vede come funziona lo Stato e soprattutto come ci tratta, viene da chiedersi come sia possibile che ancora si produca Pil in Italia. Vi facciamo qualche esempio molto, ma molto concreto.
Su questa zuppa dunque iniziamo una piccola serie, per ora di tre casi: ne potremmo fare centomila. Ma nei prossimi due giorni li pubblico tutti.
Partiamo dal primo.

La Nestlè Italia fattura più di due miliardi di euro l’anno, con le fabbriche e dipendenti dislocati sul nostro territorio. Da quando ha comprato la San Pellegrino l’ha resa famosa in tutto il mondo. Le sue aranciate sono tra le poche ad usare ancore i nostri frutti, per quel retrogusto amaro che ne è la loro caratteristica peculiare. Per essere espliciti la multinazionale della Coca Cola, che produce anche la Fanta, non usa arance siciliane o calabresi per via di quel particolare pigmento che le rende non utilizzabili ai loro fini. Per SanPellegrino è invece proprio il loro motivo distintivo.
A Perugia ha rilevato i famosi Baci e a Benevento con la Buitoni fa le pizze. Ha un piccolo problema. Siccome il legislatore (credendo alle lusinghe del miglior ufficio stampa del mondo e cioè la Coldiretti) si è inventato una norma superstringente sulla dicitura made in Italy sembra che pizze e baci li faccia in Zambia (è un modo dire). Semplificando poiché il cacao dei baci non si produce in Italia (e quando mai si è prodotto) la multinazionale svizzera si ostina a stare a Perugia, a produrre i famosi baci, ma senza poter scrivere made in Italy. Stesso discorso per la pizza, poiché la farina non può essere certificata come tutta italiana. Forse si è un po’ esagerato caro ministro dell’Agricoltura (che è persona seria). Va bene tutelare il made in Italy, ma che i Baci perugina non possano fregiarsi del nostro tricolore è davvero un po’ troppo. Come farsi male da soli.