Adam Smith ha un record: è forse il filosofo ed economista liberale più conosciuto e meno letto che esista. Marx deve gran parte della sua influenza popolare anche al fatto che il suo Manifesto fu scritto in modo sintetico e semplice. Smith nel 1776 scrisse l’Opera, monumentale, il punto di riferimento di ogni liberale: La Ricchezza delle Nazioni. Scopre che la ricchezza di una nazione è il Prodotto e non la valuta depositata nel forziere del re, ci racconta come la divisione del lavoro ci renda più ricchi, e tra le tante cose detta un decalogo favoloso su come si deve impostare una tassa giusta. Oggi che si parla di reddito di cittadinanza andate a vedere cosa scriveva lo scozzese. I dazi agli asiatici, le parcelle dei notai, le aggressioni ad Uber, il finanziamento della banda larga da parte dello Stato: tutti temi anticipati da Smith quando la rivoluzione industriale era ancora in culla. Ma la Ricchezza è complessa e lunga. Lucio Colletti, ancora marxista, lo definì, nell’introduzione ai tre volumi pubblicati nel 1976 da Newton Compton, come “l’esordio dello sviluppo economico, il vero Vangelo del mondo moderno. Il lettore sarà preso da quella leggera vertigine, da quella sensazione di irresistibile euforia che si accompagna ad ogni uscita in mare aperto”. Ecco vi consigliamo di non azzardarvi a mettervi per mare se non avete molta molta pazienza e capacità. Per questi banali motivi ha fatto non bene, ma strabene l’Istituto Bruno Leoni a pubblicare in Italia in forma di ebook La ricchezza delle Nazioni in pillole, di Eamonn Butler. Non sentitevi diminuiti nel leggere questa versione. E se volete fare i fenomeni utilizzate l’escamotage che ogni intellettuale della gauche caviar usa con sapienza quando parla di un classico: “l’ho appena riletto…”. Ecco fate finta di aver appena riletto Smith, anche se in pillole. Butler (nomen omen) vi servirà un piatto ben guarnito: renderà moderni nel loro linguaggio e sintetici nei loro contenuti i cinque libri della Ricchezza. Vi fornirà in corsivo le frasi più celebri: dalla benevolenza del macellaio nel venderci una buona bistecca alla cospirazione per restringere i commerci da parte delle corporazioni. E infine spiega in modo attuale i fondamenti delle teorie economiche di Smith, con cenni sull’evoluzione teorica. Butler sembra un grande smithiano, non indulge a interpretazioni socialiste delle pagine della Ricchezza (pensate a quanto si prestino le pagine della Ricchezza dedicate all’intervento dello Stato nelle opere pubbliche), ma non lo perdona sulle sue teorie meno brillanti, come quelle del valore. Dunque un classico da rileggere.