Volere mari puliti e rilancio del turismo è ovviamente condivisibile. Ma cosa c’entra tutto ciò con un referendum contro gli impianti già in opera e che estraggono per lo più gas? Nulla.

Giorgia Meloni ha confermato che andrà a votare al referendum contro le trivelle. E insiste: «Non si può continuare ad inquinare il mare».
Sulla stessa linea Matteo Salvini, che aggiunge: «Il nostro petrolio sono il mare, il paesaggio, l’ambiente e il turismo». Si tratta delle due componenti del centrodestra (Fratelli d’Italia e Lega) che si trovano in maggiore salute elettorale. Una discreta parte di Forza Italia segue a ruota la battaglia No-Triv. Le proposte dei due giovani leader su immigrazione, controlli, sicurezza e fisco (la flat tax di Armando Siri) sono quelle tipiche, nonostante vengano ridicolizzate dagli intellettuali à la page, di un serio conservatorismo occidentale. Volere mari puliti e rilancio del turismo è ovviamente condivisibile.
Ma cosa c’entra tutto ciò con un referendum contro gli impianti già in opera e che estraggono per lo più gas? Nulla. Come ha spiegato ieri Vittorio Feltri su questo Giornale. Si tratta di una battaglia lontana anni luce da una posizione liberale. Che modello di sviluppo immaginano? Il Veneto, la Lombardia, il Piemonte della Lega Nord si sono sviluppati grazie ad un’industrializzazione che rende ancora grande l’Italia. Se non ci fosse stato il fascismo sviluppista (è vero, la Meloni non è mai stata fascista), la pianura pontina sarebbe una ben poco romantica Everglades de noantri.
Fu Silvio Berlusconi, contro gli stessi che oggi sponsorizzano il referendum contro le trivelle, a far approvare il piano casa. Ci possiamo ovviamente sbagliare, ma notiamo una vena anticapitalistica in queste battaglie. Bloccare gli impianti a mare, impantanare nelle burocrazie locali le autorizzazioni, ricordare un bel mondo antico e rurale che esiste solo nei libri e che poi non era così bello, rende piuttosto un gran favore all’attuale governo. In Italia ci vogliono più termovalorizzatori, l’agricoltura non si può ridurre al chilometro zero e deve sfruttare gli Ogm, i permessi a costruire devono essere accelerati e quelli per ampliare i capannoni (in quei rari casi in cui siano richiesti, vista la crisi) debbono essere sveltiti. Il miglior mezzo di trasporto, quello meno inquinante, è l’ascensore, come dimostra il risparmio fatto da Unicredit trasferendo i suoi dipendenti nel suo nuovo grattacielo a Milano.

Le letture non possono dunque che essere due. Se l’opposizione di questi politici allo sviluppo è sincera, siamo davanti ad un preoccupante pregiudizio ideologico. Se derivasse solo dalla volontà di contrastare Renzi, sarebbe miope.

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