C’è un libro di Edward St Aubyn, Senza parole (Neri Pozza), che prende per i fondelli un premio letterario, l’Elysian Prize.
In cui, per dire, un libro di ricette tradizionali inviato per errore alla segreteria viene subito scambiato per un esperimento «di decostruzione del genere romanzo». St Aubyn prende favolosamente per i fondelli questo mondo dei premi letterari con lo stesso tratto con cui costruisce la sua saga dei Melrose. «Puoi abbandonare certe abitudini solo quando iniziano a deluderti. Ho rinunciato alla droga quando il piacere e il dolore sono diventati simultanei», fa dire a Patrick il bambino abusato dei Melrose.

Purtroppo, in modo meno anglosassone, non sarà sufficiente il disvelamento dei traffici del pluripremiato direttore di Telejato, Pino Maniaci, per sradicare l’abitudinaccia italiana di assegnare un premio, questa volta giornalistico, praticamente ogni settimana. È una gigantesca macchina di marchette e di scambismo, in cui i giurati, sempre a decine, concedono riconoscimenti a giornalisti, sempre a decine, che dopo poco magicamente diventano giurati e dunque titolati a loro volta a premiare i giurati di ieri. Un casino? Sì, meglio dire una schifezza.

Il direttore di Telejato, pizzicato questa settimana a fare ricattucci ai sindaci locali e a far finta di essere un eroe antimafia, sembra un personaggio di Senza parole. Nel 2008 riceve il premio «La città dei cittadini Com-Lab Award – Casalecchio delle culture» perché, si legge, «il suo modello di cittadinanza attiva è una tv di informazione e denuncia. Che gli è costata minacce, intimidazioni e aggressioni da parte di mafiosi». Sì certo, dal marito della sua amante, semmai.

E poi, il «Premio giornalistico nazionale Pino Careddu» nel 2009 per la «precisione nella raccolta delle fonti documentarie e la serietà dell’informazione d’inchiesta». Nel 2010 l’ordine dei giornalisti di Sicilia gli ha consegnato il «Premio Mario Francese», sezione «Giornalisti minacciati». Maniaci potrà pure essere stato minacciato, ma anche lui non scherzava. Nel 2011 si porta a casa «SOS Siracusa», premio «Per chi si è IMPASTATO le mani», dedicato a tutti coloro che portano avanti le loro battaglie nell’interesse della collettività, istituito in nome di Peppino Impastato. La lunga cavalcata continua: il 14 novembre 2014 gli viene consegnato l’«Oscar della Legalità» per la categoria «Eroi del nostro tempo». Non sapevano che chiedeva al suo sindaco 466 euretti per non pubblicate storiacce sulla sua tv. Per finire in bellezza, a gennaio di quest’anno viene inserito dall’associazione non governativa Reporter senza frontiere tra i «100 eroi dell’informazione». Ma non solo in Italia, nel mondo.

Se mai vi offrissero un premio giornalistico, scappate. Che è meglio.

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