Bisogna riportare i ricchi, imprese e privati, nel Paese più bello al mondo. Renzi lanci la campagna “L’Italia non tassa”.

Ieri l’assemblea straordinaria di Exor, cassaforte della famiglia Agnelli-Elkann, ha stabilito di trasferire la propria sede legale e fiscale in Olanda.
Segue il percorso delle sue partecipazioni e cioè le auto di Fca, i bolidi Ferrari e i trattori Cnh. Scappano fiscalmente dall’Italia. Non solo le società operative, ma anche quelle che hanno semplici partecipazioni, godono di aliquote più generose ad Amsterdam. Talvolta pari a zero. L’Olanda attira multinazionali da tutto il mondo. Quando il marchio americano della moda Tommy Hilfiger ha dovuto piazzare i suoi creativi in Europa, non ha scelto Parigi o Milano, le capitali del lusso, ma Amsterdam.

Un’impresa che non pensa ai suoi interessi non è un’impresa, ma un ente di beneficenza. Molti lettori del Giornale storceranno il naso pensando a «quanto l’Italia abbia dato alla famiglia torinese». Le imprese debbono cercare il profitto e le condizioni migliori per raggiungerlo. Tutto il resto sono palle anti-mercato, di chi non ha più il coraggio di definirsi socialista, ma lo resta nell’anima.
Un governo non può che avere un atteggiamento cinico, opportunistico. Ci sono due strade opposte da percorrere. Una da brividi lungo la schiena, punitiva: tassiamo di più i cattivi di turno. Ieri erano le società finanziarie tramortite con la Tobin tax, o quelle del settore nautico; domani potranno essere le holding. Ritorna in queste ore l’incubo patrimoniale. È proprio per questo motivo, l’eccesso di tassazione che si è stratificata negli anni, che le imprese scappano dall’Italia o non ci vengono proprio. I risultati delle scelte folli, ma popolari, di ieri le paghiamo oggi. È un sovrappiù al debito pubblico, invisibile, ma molto più pericoloso.
La seconda strada che Matteo Renzi potrebbe adottare è diametralmente opposta. Riportare i ricchi, imprese e privati, nel Paese più bello del mondo. Dovrebbe chiamare la campagna: «L’Italia non tassa».

Ciò che insegna il caso Apple è che l’Europa pretende l’armonizzazione fiscale. Ma non sta scritto da nessuna parte che l’armonia si debba raggiungere in alto e non già, ad esempio, sugli standard del Paese celtico. Il ministro delle Finanze irlandese non vuole recuperare dalla ditta americana 13 miliardi di tasse non pagate, come le impone la Commissione europea, non perché ha bevuto un ettolitro di Guinness, ma perché sulla sua pelle conosce gli effetti delle curva di Laffer: aliquote basse, gettito alto.

L’Italia non tassa. Forse la Guinness l’abbiamo bevuta noi.

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