Dalla commessa della Feltrinelli all’algoritmo di Amazon, a chi affidiamo la nostra libertà di pensiero?

Le librerie sono luoghi bellissimi. Verrebbe da dire che uno si mette a scrivere un libro anche per poterlo andare ad ammirare in quel luogo favoloso del pensiero, ma anche della leggerezza, che è rappresentato da una libreria.
Almeno per chi, come il sottoscritto, non fa di mestiere lo scrittore. Come probabilmente alcuni di voi già sanno, dal contenuto di questa rubrichetta è nato un libro. L’ho voluto chiamare, mica tanto provocatoriamente, La disuguaglianza fa bene. È un Bignami, si parva licet, del pensiero liberale. A differenza del suo illustre esempio, non ha però alcuna pretesa di esaustività. E qui la finiamo con la patetica autorecensione.

Ritorniamo alle librerie. Uno dei motivi che ad Alessandro Gnocchi e al sottoscritto erano parsi buoni per tenere in piedi questa biblioteca della libertà era la marginalizzazione dal mondo editoriale del pensiero liberale. Ogni riga in più su un autore liberale riteniamo sia dunque cosa buona e giusta. Sono forse cambiati i tempi? È cambiato il clima per il quale in alcune edicole il Giornale Nuovo non si vendeva e chi lo acquistava rischiava di essere preso a male parole? Direi poco. Un simpatico e preciso lettore di questo foglio e potenziale acquirente anche della Disuguaglianza mi ha scritto questo aneddoto: «Sono entrato nella Feltrinelli della stazione centrale e ho chiesto “La disuguaglianza fa bene, per favore”. La commessa mi ha risposto con la faccia schifata: “Solo un ricco di destra può scrivere una cazzata simile”. Ed è andata a cercare in un anfratto la copia del libro appena uscito e ben nascosto». La cosa più o meno simile si è ripetuta in molti altri casi che mi hanno prontamente segnalato. Un collega della signora schifata mi ha invece gentilmente scritto che da controcorrente qual è lui La disuguaglianza la mette bene in mostra. Saranno poi i lettori a giudicare.

Vedete, questa storia delle librerie ci insegna una cosa interessante. L’omologazione libresca, gli accorpamenti societari, la distruzione delle piccole realtà eterodosse, che la sinistra mette in conto al presunto «neoliberismo» sono al contrario la sublimazione del pensiero de’ sinistra e corretto. È il trionfo del pensiero unico della commessa Feltrinelli. Che non ha nulla di sbagliato in sé. Di sbagliato c’è solo che è egemonico. Gramscianamente egemonico. Insomma il virus della cultura mainstream ha infettato il paradigma dell’efficienza di mercato. Mai però come in questo momento le minoranze hanno una formidabile arma tra le mani. E che devono sapere usare. La commessa della Feltrinelli si può disintermediare: con un clic si va su Amazon e ci si porta a casa La disuguaglianza. Per di più con lo sconto. Al massimo vedrete quali sono i gusti di coloro che hanno fatto la medesima scelta di acquisto.

È triste pensare che la libertà di pensiero si debba affidare a un algoritmo, per di più pensato nella Silicon Valley. E ancor di più rinunciare a quel rito stupendo che è rappresentato dal vagare senza meta tra gli scaffali di una libreria. E per di più, come hanno già fatto presente alcune ricerche americane, spesso oltre agli algoritmi ci mettono le mani anche gli uomini, soprattutto se dotati di spirito liberal. Insomma. Rischiamo di passare dalla commessa de’ sinistra all’algoritmo politicamente corretto.

Per ora sfruttiamolo e accontentiamoci di una valida alternativa alla commessa della Feltrinelli, sapendo che domani dovremmo con tutta probabilità combattere con il pensiero elettronico, più che unico, delle macchine.

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