1581409442-xi-jinping-mascherina-virusSolo ieri su questo blog si introduceva la figura di Ray Dalio, il finanziere americano e fondatore dell’hedge fund Bridgewater con attività filantropiche in Cina, che, a dicembre 2019 in un momento di fiducia per i mercati, aveva deciso di scommettere sul ribasso delle borse mondiali per il mese di marzo 2020, dunque con singolare tempismo rispetto alla pandemia da Coronavirus. Ebbene a parlare di questa singolare coincidenza è anche un brillante analista italiano, Roberto Motta Sosa, con il quale chi qui scrive aveva avuto modo di dialogare in passato su queste colonne, che in una breve analisi pubblicata su Strumenti Politici e intitolata “Pandemia e clash of globalization: la “profezia” dell’intelligence USA in un documento del 2004”,  racconta come “nel novembre 2019, Dalio si sarebbe già reso protagonista di una previsione attribuitagli dal Wall Street Journal (WSJ) ma da lui immediatamente smentita sul proprio profilo Twitter con queste parole: ‘It’s wrong. I want to make clear that we don’t have any such net bet that the stock market will fall’. Secondo il WSJ, paventando il crollo degli indici di borsa internazionali, il suo Hedge Fund avrebbe sottoscritto con diversi intermediari contratti put options del valore di 1,5 miliardi di dollari per tutelare il portafoglio gestito. Con tale operazione Dalio avrebbe sostanzialmente scommesso che entro marzo 2020 gli indici Standard&Poor’s 500 (S&P500, Stati Uniti) o EuroStoxx 50 (Eurozona) ovvero entrambi, potessero subire un ribasso”.

Ora, riporta Motta Sosa, Dalio è anche colui che in un postsul proprio profilo LinkedIn con il titolo My Thoughts About the Coronavirus, (..) sosteneva che l’attuale congiuntura internazionale veda la presenza di potenze emergenti capaci di sfidare quelle attualmente dominanti. Per Dalio, tale condizione sarebbe assai simile a quella già vissuta durante gli anni Trenta del secolo scorso ovvero il decennio che fece da incubatoio alle tensioni economiche, finanziarie e politico-ideologiche che contribuirono al deflagrare della guerra 1939-1945, a sua volta parte di un più vasto conflitto sistemico (1914-1945) che già Charles de Gaulle nel ’46 aveva definito ‘Seconda guerra dei Trent’anni’. Alcuni punti del pensiero di Dalio ricordano inoltre molto da vicino le argomentazioni già utilizzate da taluni esponenti di una particolare corrente del pensiero geopolitico anglosassone contemporaneo, (Robert Kagan, ad esempio), e ravvisabili in alcuni documenti dell’Amministrazione statunitense, (come la National Security Strategy 2017), che attribuiscono a Cina e Russia la qualifica di ‘potenze revisioniste’”.

IL CORONAVIRUS CONTRO L’EGEMONIA COMMERCIALE CINESE?

Potenze la cui ascesa, soprattutto per la Cina, rischia di essere compromessa da questa pandemia che potrebbe distruggere i propositi egemonici di Pechino nel governare, con il progetto della Nuova via della Seta, il processo di globalizzazione, come per certi versi auspicato da osservatori filo-occidentali. A tal proposito va detto che le coincidenze rilevate dall’analista sono più ampie e non riguardano solo la figura di questo curioso magnate della finanza, che pratica la meditazione trascendentale ed è sposato con una discendente della potente famiglia dei Vanderbilt, tra le dinastie più influenti della storia americana. Motta Sosa cita in particolare un documento che risale al 2004. “Si tratta del rapporto prodotto dal National Intelligence Council statunitense intitolato Mapping the Global Future. Report of the National Intelligence Council’s 2020 Project, datato dicembre 2004. In esso, a proposito dei rischi cui avrebbe potuto andare incontro il processo di globalizzazione, vi si poteva leggere [pag. 30]: “Il processo di globalizzazione, per quanto potente, potrebbe essere sostanzialmente rallentato o addirittura bloccato. In assenza di un grande conflitto globale, che riteniamo improbabile, un altro sviluppo su larga scala, che crediamo possa fermare la globalizzazione, sarebbe una pandemia (…) è solo questione di tempo prima che appaia una nuova pandemia, come il virus dell’influenza del 1918-1919 (la c.d. “spagnola”) (…). Una simile pandemia in Cina, India, Bangladesh o Pakistan (…) sarebbe devastante e potrebbe diffondersi rapidamente in tutto il mondo. La globalizzazione sarebbe in pericolo se il bilancio delle vittime aumentasse (…) in alcuni grandi Stati e la diffusione della malattia fermasse i viaggi e il commercio internazionali per un periodo prolungato”.

Altre coincidenze: sul blog Piccole Note, a modesto parere di chi scrive una delle pagine più interessanti nel mare magnum del web, si legge che a ottobre 2019 si svolsero contemporaneamente due esercitazioni militari americane, una svolta presso la base militare dell’US Air Force di Charleston, l’altra in Sud America, aventi per oggetto la gestione di un’emergenza pandemica. Non solo, l’esercitazione sudamericana, nello specifico, riguardava la gestione di “un focolaio incontrollato di coronavirus che si stava divampando come un incendio, dilagando fuori dal Sud America per provocare il caos in tutto il mondo”. 

Prospettive, purtroppo, profetiche.

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