È l’ora di una battaglia generazionale che sancisce l’esistenza oltre la resistenza.

Liste di proscrizione, censure, impedimenti, diarrea linguistica (dal “Ministro della Malavita” di Saviano, riferito a Salvini, al “nazisti” di Zerocalcare verso gli editori che non la pensano come lui. Nazisti…).
Un circo da chiudere per il bene comune.
Un incredibile affronto al buon senso di ogni italiano libero, oltre le sigle. Ancora una volta prevale l’opinione e l’ossessione ideologica, fuori tempo e fuori luogo, al dibattito, alla misura dei contenuti, delle visioni, delle idee. Del rispetto altrui. Alimentando così il presente non si fa altro che cadere in un passato peggiore. Epurazione, non cultura. E ora uniti, in una battaglia generazionale ben più grande di una tessera di partito.

Altaforte ufficialmente fuori dal Salone del libro. Il libro dei morti. Dei morti viventi, come la sinistra peggiore, neanche lontana ombra di quella che, anni fa, difendeva a spada tratta l’articolo 21 della Costituzione, il diritto di potersi esprimere nella libertà della democrazia, che avrebbe agito sui messaggi che cambiano la storia; quella che si sarebbe fatta ammazzare pur di difendere il diritto all’esistenza culturale e al dibattito democratico. Perché avrebbe chiamato il contrario FASCISMO. Lontana da ogni forma di incredibile maturità civile, garanzia di libertà nella cultura, e viceversa, come quella espressa da Giampiero Mughini, Pierluigi Battista, Vittorio Sgarbi, e molti altri, in queste ore, solidali con l’editore cassato dalla rassegna torinese, pur godendo di due prospettive diverse del mondo. Il libro dei morti viventi, come Altaforte, che grazie a questa ignobile e stupida bagarre, cade sul campo del Salone deli libro, ridotto a tinello delle belle menti incattivite da una spietata adolescenza isterica, sintomo del terrore di perdere l’egemonia e la gestione del sentore comune, e risorge in libreria, con le vendite che schizzano alle stelle, con la dignità culturale che popola i temi dei suoi libri, la semplice possibilità di esprimere un apparato teorico, la propria visione del mondo.

Quello vistosi a Torino è un assalto alla cultura, sputi in faccia alla dea madre, una coltellata al suo significato più profondo, alla sua più sincera evocazione: coltivazione. Coltivazione dello spirito, del pensiero critico che rende davvero gli uomini liberi, che si srotola nella vita di ognuno, collettiva e individuale, tramite lo studio, le esperienze, il contatto con la propria profondità sensoriale, istintiva, intima. Processo vitale che richiede nutrimento. Per non crepare di fame come bestie nel villaggio globale, etichettate, come uomini replicati, versione marcia degli uomini ancora integri, sovrani, sì, ma prima di tutto di se stessi, ancora prima che della propria economia.

Volere la democrazia, vietandola.
Volere la libertà, censurandola.

La legge non è uguale per tutti. La libertà non è (uguale) per tutti. La democrazia non è (uguale) per tutti. La cultura non è (uguale) per tutti. L’Italia non è un posto per tutti.

Potremmo star qui a sottolineare la morte dell’egemonia culturale dominante, del progressismo pensante. Ma sarebbe banale. Da figli del nostro tempo, invece, dobbiamo incarnare la nuova storia, che non si alimenta solo di romanticheria di piombo, e storie militanti che furono. Assumersi le nostre responsabilità in un mondo che vuole discolparsi da tutto, sottraendosi da ogni eredità nazionale, di identità, storica, spirituale. E allora eccola la vera battaglia generazionale che risponde a una domanda fondamentale: come può questa egemonia culturale, questa cricca di censori, la sinistra pensante, che ripete spesso che senza la Resistenza oggi non potremmo liberamente esprimerci, che censura, uccide la democrazia con martellate alla testa e il dibattito, impedisce e fornisce un esempio di contraddizione totale sulla predica del Vangelo pacifista, garante delle libertà, rappresentare il modello culturale italiano? Come può generare la cultura di massa? A quale titolo?

La sinistra esce sconfitta da questo incredibile teatro. La sua egemonia è in pezzi. Cadranno i tiranni? Nel prototipo umano di troppo antagonismo uscito fuori da ogni schema, nell’allungo a una visione salvifica e accettabile del presente. Antifascismo urlato, strillato, senza confronto sui contenuti. Oggi muore la sinistra pensante. Che diventa depensante: che rinuncia, ovvero, all’offerta dei propri contenuti teorici, capaci di influenzare il presente e la storia, per divenire antistoria, anacronismo e distacco dal reale, smettendo di pensare per realizzare la trappola al mondo ad essa alternativo. E tutto si riduce a una bagarre, a una castrazione. Oggi muore, ancora un po’ di più, la libertà e la democrazia. Ecco perché dietro alla cacciata di Altaforte Edizioni dal Salone del libro di Torino (che a qualcuno costerà caro in termini economici, vista la volontà dell’editore di fare ricorso, avendo regolare contratto per la partecipazione alla rassegna), c’è di più. Molto di più. C’è una battaglie generazionale, per la difesa della democrazia e della generazione del presente. Contro i nuovi Torquemada coi social, contro il nuovo oscurantismo, contro la dittatura del pensiero.

Hic et nunc.

Dietro tutto ciò esiste una chiamata alla coesione.

Un feudalesimo irrimediabile nel doversi rendere conto che la sinistra, ormai cadavere politico, ancora gestisce il sentore comune, genera la cultura di massa. La battaglia, oltre che generazionale, è culturale, non tanto politica. E solo se il sovranismo, o comunque si chiamerà l’alternativa a quell’anacronistico e vaneggiante mondo antifascista, della sinistra più irragionevole di sempre, si codificherà in un movimento culturale strutturato si potrà sperare di influenzare la storia e annullare l’egemonia.

Il momento, per le menti libere, è ora.

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