Era il 2005: internet entrava nella sua fase di seconda espansione (primordiale e ingenua), la politica non aveva ancora capito nulla della forza simbolica e culturale della rete e i social-media erano ancora lontani dal diventare il pane quotidiano dell’informazione; fu allora che un manipolo di giovani e agguerriti intellettuali fondò una città.
Ma cosa c’entra una città con il web? C’entra innanzitutto perché, come spiegava proprio in quegli anni Manuel Castells, “la rete non è una realtà virtuale ma una virtualità reale”; e poi perché fu proprio una città ad essere fondata (seppure online).
La città si chiamò Tocque-ville, “la città dei liberi” e prendeva il nome da uno dei padri del pensiero liberale.
In breve “la città dei liberi” divenne uno degli spazi più straordinari di creatività culturale e nuovo linguaggio della politica che internet abbia mai conosciuto. I pochi anni raccolse oltre 3000 blogger (professionisti, studenti, manager, politici, intellettuali) che macinavano contenuti, idee, visioni e progetti; la piattaforma arrivò ad avere un numero di lettori pari a quelli dei grandi quotidiani d’opinione.
Tocque-ville raccolse le più svariate culture politiche di quello che qualcuno chiamava centrodestra: liberali, identitari, cattolici, laici riformisti, radicali ma anche jüngeriani alla ricerca del bosco, pensatori del conservatorismo più innovativo, futuristi e dannunziani, hobbit, anarco-capitalisti.
La “città dei liberi” divenne uno dei più grandi laboratori metapolitici degli ultimi anni. Provarono a copiarlo a sinistra ma con scarsissimi risultati perché la sua anarchia creativa era generata da quel sano individualismo libertario che la sinistra non ha nel suo Dna.
Tocqueville fu un’esperienza politico-culturale così interessante da diventare una case history a livello europeo tanto da essere emulato in Spagna e Francia.
Poi la crisi. I partiti di centrodestra e le loro ottuse classi dirigenti non si resero conto di quale strumento avevano tra le mani per provare a spostare l’immaginario di un paese ancorato alla muffa del cattocomunismo. La città dei liberi fu boicottata. Alla fine, lo spirito volontario si esaurì e la città iniziò ad essere abbandonata.

Oggi due dei pionieri di allora (Andrea Mancia e Simone Bressan) l’hanno riaperta: come una città di frontiera in attesa della costruzione della ferrovia, come un villaggio di minatori che deve ritrovare la vena aurea perduta. La crisi del centrodestra riporta con sé nuove energie. Tocque-ville.it è tornata per raccoglierle.

Articolo pubblicato su Il Giornale Off  con il titolo “Bentornata Tocqueville.it” 

Su Twitter: @GiampaoloRossi

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