Inutile illudersi: l’irruzione di Matteo Renzi nella scena politica italiana è un terremoto che sconvolge non solo la sinistra, obbligandola ad un’accelerazione storica senza precedenti, ma anche la destra. Gli effetti del “renzismo” si stanno abbattendo come meteoriti sul pianeta un tempo berlusconiano ed oggi frantumato in una galassia di piccoli e medi partiti.
Qui la situazione rischia di essere ancora più devastante a causa di un’anomalia prodotta in laboratorio: l’eliminazione politica per via giudiziaria del suo leader storico non ha dato tempo al centrodestra di trovare gli anticorpi necessari per arginare l’invasione aliena dei renziani che rischiano di contaminare un elettorato già debilitato da delusioni politiche, tradimenti e congiure.
È un punto di non ritorno di cui Berlusconi è consapevole. Le classi dirigenti di Forza Italia, Lega, Ncd e FdI, continuano a muoversi per tatticismi e sopravvivenze quotidiane non pensando che occorre rifondare un’intera area politica e culturale che si consuma a fuoco lento.
Il fenomeno Salvini, che sta interessando media e analisti, è oggi l’unica vera novità di quest’area; ma nonostante il coraggio del leader leghista, la sua capacità di porsi come l’anti-Renzi in Italia, la sua lucida analisi sul “male dell’Europa” e della tecnocrazia e la capacità di far uscire il movimento dallo stretto ambito nordista che l’ha sempre caratterizzato, il suo rimane un progetto impossibilitato a ricostruire quella “destra di governo” che Berlusconi fu capace di inventare.
L’unica soluzione è un centrodestra “rifondato” in un percorso diverso da quello del 1994, quando la discesa in campo del Cavaliere fu così inattesa da impedire alla gioiosa macchina da guerra della sinistra, che già s’immaginava al governo del paese con l’aiuto della magistratura e dei poteri forti, di adottare le contromisure adeguate.
Allora, nel giro di poco tempo, l’Italia conobbe la trasformazione di un elettorato moderato e conservatore in un blocco sociale agguerrito, dinamico, rivoluzionario nell’aspirazione di cambiare l’assetto di un Paese e di modernizzarlo dentro una visione liberale e identitaria. Quell’elettorato timido e passivo che si raccoglieva attorno al sistema di valori democristiano, garantito da condizioni storiche e assetti internazionali, rappresentava la maggioranza di un Paese che spesso turandosi il naso (come faceva il liberale eretico Montanelli) arginava il rischio che l’Italia finisse nelle mani del più potente partito comunista d’Occidente.
Era una maggioranza silenziosa, impaurita, che Berlusconi trasformò in una maggioranza consapevole e rumorosa, capace di rappresentare un preciso segmento sociale: quel ceto medio produttivo schiacciato dallo statalismo, dalla burocrazia e dalle tasse.
Berlusconi ha costruito la destra italiana dentro un “progetto fusionista” che ha messo insieme le grandi famiglie politiche del conservatorismo, sdoganando culture (come quella della destra e quella liberale) fino a quel momento marginali e raccogliendo in un alveo costituzionale la naturale eversione politica del federalismo leghista. Che questo progetto “fusionista” fosse consapevole o meno, poco importa; esso è accaduto e ha permesso la nascita del bipolarismo italiano e di uno dei maggiori partiti conservatori europei (il Pdl).
Finché questo progetto ha retto, il centrodestra è stato maggioranza nel paese, sconfitto solo dai suoi errori e dai soliti “poteri forti” interni ed esterni. Ora che “il progetto fusionista” si è dissolto, il nemico attinge a piene mani all’immaginario e ai contenuti che la destra ha elaborato negli anni.
Ronald Reagan spiegava che la destra americana era come uno “sgabello a tre gambe”; togliendone una, lo sgabello cadeva a terra. Le tre gambe rappresentavano le tre anime fondanti: liberale in economia, conservatrice nella visione della società, identitaria e sovranista in politica estera; più o meno le stesse che hanno dato vita all’esperienza italiana.
Oggi il centrodestra è davanti ad un bivio: o provare a “ricostruire lo sgabello” su cui poggiare il nuovo progetto politico attorno ai temi della libertà economica (meno tasse, meno Stato), delle libertà civili (nuovi diritti e doveri), della sovranità (politica, monetaria, energetica) o ridursi a “fare da sgabello” alla nuova stagione renziana.

Su Twitter: @GiampaoloRossi

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