bagnascoPREMESSA NECESSARIA
La cultura liberale non si scandalizza se la Chiesa entra a gamba tesa nella politica italiana, perché riconosce il ruolo pubblico della religione e non la relega ad una questione privata (come vorrebbero i laicisti). La Chiesa è realtà storica complessa, portatrice di un Annuncio che attraversa la vita degli uomini e il destino del mondo da oltre duemila anni. Per il credente essa è “corpo mistico” ma, nello stesso tempo, fondante realtà sociale che forma la nostra identità; non è solo un suo diritto intervenire ma addirittura un suo dovere per il ruolo che rappresenta e il peso di responsabilità che le compete.
Fatta questa premessa doverosa, dobbiamo aggiungere però che diritto di ognuno di noi criticare la Chiesa quando pensiamo che i suoi interventi rasentano la faziosità ideologica.

GARANTISMO A FASI ALTERNE
Qualche giorno fa il card. Bagnasco, Presidente della Cei e arcivescovo di Genova, commentando l’indagine a carico di Raffaella Paita assessore alla giunta e candidata del Pd alla presidenza della regione, ha dichiarato: “chissà perché, le indagini esplodono sempre in certe ore della storia, delle città, della nazione”.
Il cardinale ha voluto lanciare il sospetto che l’inchiesta sia emersa poche settimane prima del voto per danneggiare la candidata di sinistra.
Analisi giustissima se non fosse che sono oltre venti anni che in questo Paese le inchieste a carico di politici e amministratori emergono a ridosso di elezioni condizionando l’esito del voto. Ma perché il cardinale non ha denunciato le “inchieste ad orologeria” quando il tic tac della magistratura ha falcidiato amministratori, governatori e politici di destra?

BAGNASCO E IL CASO RUBY
Il garantismo del card. Bagnasco è a singhiozzo. Nel 2011, nel pieno dello scandalo Ruby, del massacro giornalistico e della inquisizione giudiziaria nei confronti dell’allora presidente del Consiglio Berlusconi, il capo dei vescovi italiani prese una posizione ben diversa: “si rincorrono racconti che, se comprovati (…), rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica”. Per intenderci, il capo della Chiesa italiana lanciava il suo giudizio morale sul capo del governo italiano basandosi su “racconti da comprovare”.

La verità di Dio è rivelata, quindi diretta, ma quella sugli uomini è cosa più complessa: lo sapeva bene quello straordinario pensatore gesuita che fu Baltasar Gracián quando ricordava che essa “raramente ci giunge integra”.
E così quando qualche mese fa quei racconti non sono stati comprovati e il processo Ruby si è concluso con l’assoluzione di Berlusconi, il cardinale (come un Ezio Mauro qualsiasi) si è limitato a dire che un ritorno in politica del Cavaliere era sconsigliato dal nuovo contesto politico. Neppure una parola sull’operazione di manipolazione della verità costruita in questa anni.

PERCHÈ UN GARANTISMO A FASI ALTERNE?
Il card. Bagnasco si comporta come quei magistrati che dopo 20 anni di disgustoso circo mediatico-giudiziario organizzato da procure e giornali, scoprono che forse limitare le intercettazioni non è più un attacco alla libera stampa ma una difesa della libertà individuale e dello Stato di diritto.
Sarà perché oggi le inchieste più clamorose e potenzialmente devastanti non riguardano più il centrodestra ma il Pd, la sinistra, le cooperative rosse ed il loro complesso sistema di potere? Sarà che quindi occorre limitare il massacro mediatico consentito in questi anni contro gli esponenti dell’altra parte politica?

Oggi la Chiesa italiana è schierata apertamente con Matteo Renzi. Solo il tempo ci dirà se il “cattolico domenicale” al governo saprà difendere quei “valori non negoziabili” che furono difesi apertamente dal peccatore libertario di Arcore.
I vescovi hanno fatto la loro scelta: è un loro diritto. Nostro diritto è, di fronte alle parole di Bagnasco, rimpiangere la Chiesa di Ruini, presenza prudente e per questo, realtà vitale, determinata e sicuramente meno faziosa nella società italiana.

Su Twitter: @GiampaoloRossi

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