eu-executionerSCHIAFFONI DEMOCRATICI
Non c’è nulla da fare: se fanno votare la gente, la gente li prende a schiaffoni. Questo è il motivo per cui, le decisioni importanti, se le suonano e se le cantano sempre da soli.
Lo spiegò già nel 1999 Claude Juncker, attuale uomo forte dell’Europa, in un’intervista molto esplicativa su Der Spiegel: “Noi prendiamo una decisione in una stanza, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo di vedere cosa succede. Se non provoca proteste o rivolte, è perché la maggior parte delle persone non ha idea di ciò che è stato deciso; allora noi andiamo avanti, passo dopo passo, fino al punto di non ritorno”.
La visione degli eurocrati aborrisce la democrazia perché sa che nella complessità della volontà popolare c’è un “imponderabile” che può far saltare progetti e strategie. Per loro il concetto è: “i popoli possono decidere solo quando decidono ciò che vogliamo noi”.

I REFERENDUM DEL 2005
Successe nel 2005 quando si doveva approvare la Costituzione Europea. Due paesi chiesero il parere dei propri cittadini: Francia e Olanda, e ovviamente vinsero i “no”.
Altri ratificarono solo per via parlamentare (tra cui l’Italia) ed altri (Polonia, Irlanda, Danimarca, Repubblica Ceca) di fronte al risultato dei referendum di Parigi e l’Aia, annullarono le loro consultazioni (meglio evitare che il fronte del no si allargasse al resto d’Europa).
La Costituzione Europea fu bocciata, e allora che s’inventarono? il Trattato di Lisbona, in pratica la stessa cosa ma cambiata di nome. Cancellarono un po’ di aspetti naif (tipo l’inno europeo e il motto comune, “Uniti nella diversità”), sostituirono il Ministro degli Esteri Europeo con l’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ma per il resto, tutto fu lasciato uguale. L’escamotage fu trasformare il progetto di Costituzione, un atto fondativo, in un Trattato emendativo: cioè la parvenza che fosse una semplice modifica dei trattati già in essere.

A svolgere questa incredibile operazione di riscrittura manipolatoria chiamarono il mago dei manipolatori: Giuliano Amato. Fu lui a presiedere il Comitato d’Azione per la Democrazia europea, l’organismo informale per due anni fece il “taglia e incolla” della Costituzione trasformandola in Trattato.
E siccome l’imbroglio era evidente, stavolta superarono il rischio implosione evitando di chiedere il parere dei cittadini. Solo l’Irlanda decise di ratificare il Trattato di Lisbona con un referendum, nel quale, guarda caso, vinsero i “No”.
Ma poiché il vento della storia non può essere fermato da pochi rompiballe bevitori di Guinness, gli eurocrati applicarono una regola atipica: la partita si rigioca finché non vinciamo noi. E così un anno dopo rifecero il referendum in Irlanda e magicamente stavolta vinsero i “Si”.
La stessa cosa era avvenuta nel 2001 con il Trattatto di Nizza che prevedeva l’allargamento ad est dell’Unione.

AGLIO PER IL VAMPIRO
La realtà è che la democrazia sta all’Unione Europea come l’aglio e gli specchi stanno a Dracula.

Nel 2011 il premier greco Papandreu fu fatto fuori dalla tecnocrazia di Bruxelles quando annunciò un referendum sull’euro (errore che Tsipras non ha commesso, anche perché forse non è nelle intenzioni dei neo-comunisti mettere in discussione la moneta unica o gli assetti veri di questa Europa).
E chissà cosa sarebbe successo se allora, Silvio Berlusconi, ultimo premier italiano eletto dai cittadini, avesse avuto la consapevolezza del complotto messo in piedi ai suoi danni e la forza ed il coraggio per appellarsi al popolo di fronte a quello che stava succedendo; purtroppo pessimi consiglieri lo convinsero a scelte suicide come appoggiare il governo Monti e rieleggere Napolitano, la vera Quinta Colonna della Trojka in Italia.

LA DEMOCRAZIA È UN LUSSO ANTIQUATO?
Il progetto di aggiramento della volontà popolare è una costante dei disegni egemonici dei padroni dell’Europa.
Sempre nel 2011, di fronte alla violenta crisi dell’euro e dei debiti sovrani, sul Financial Times, la Bibbia dei circoli finanziari, si potevano leggere editoriali in cui si affermava che la democrazia è “un lusso antiquato” che le élite europee non possono più permettersi; e sull’Economist, altro “house organ” dei banchieri, affermazioni tipo: le decisioni non possono più essere legate ai tempi e alle questioni di 17 parlamenti nazionali”, un messaggio chiaro sullo svuotamento delle sovranità rappresentative, progetto che Mario Draghi annuncia di perseguire senza peli sulla lingua, come spiegammo in questo articolo.

D’altro canto, bisogna capirli: ogni volta che i cittadini europei sono chiamati ad esprimersi, i piani e le strategie costruite nelle segrete stanze degli eurocrati di Bruxelles e dei banchieri di Francoforte rischiano di saltare.
Per questo loro fanno di tutto per evitare che la democrazia si esprima.
Per questo il referendum greco ha un valore simbolicamente superiore alle conseguenze economiche e politiche: è il sano ritorno alla democrazia sovrana contro la loro finta democrazia dei badanti.


Su Twitter: @GiampaoloRossi

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