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La morale è quella contenuta nel Frankenstein di Mary Shelley: la storia del mostro creato in laboratorio che si rivolta contro il suo creatore. È una costante che si ripete nella storia.

E così non dovrebbe sorprendere sapere che martedì scorso, nel nord della Siria, soldati Usa sono stati attaccati da ribelli siriani anti-Assad.
A darne la notizia alla Reuters è stato il colonnello Ryan Dillon, portavoce della Coalizione a guida statunitense che opera al fianco dei curdi contro l’Isis.
Che lo scontro non sia stato un incidente ma un attacco premeditato, lo dimostra il fatto che gli americani hanno dovuto ammonire i turchi (sotto il cui controllo sono oggi i ribelli siriani in quell’area) a non far ripetere incidenti del genere.

Qualcuno, distrattosi in questi anni, ora scopre che i famosi “Ribelli moderati” costruiti nei laboratori della Cia non sono moderati. Sopratutto da quando Trump ha tolto loro denaro, armi e addestratori.

UNA FANTASMAGORICA INVENZIONE
La storia dei “Ribelli moderati” è una delle più fantasmagoriche invenzioni di questa guerra criminale contro una nazione sovrana. Obama e i suoi strateghi li vollero creare, sulla falsariga dell’esperimento libico, per perseguire 4 obiettivi:

  1. Costruire una narrazione occidentale secondo cui quella siriana era una “guerra civile” e non una guerra di aggressione alla Siria da parte dell’Occidente e dei Paesi sunniti (secondo un disegno sviluppato dalla Cia fin dal 1986); insomma bisognava fare in modo che apparisse come la solita ribellione di popolo contro il solito dittatore secondo la solita (e solida) sceneggiatura. E siccome da che mondo è mondo, le ribellioni necessitano dei ribelli, quando questi non esistono, s’inventano.
  2. Schierare sul terreno una forza militare in grado di impegnare (seppure marginalmente) l’esercito di Assad aprendogli un ulteriore fronte di guerra oltre a quelli già operativi contro lo Stato Islamico e Al Qaeda (appoggiati da Arabia Saudita e Turchia)
  3. Mettere in piedi una parvenza di futura classe dirigente che potesse sembrare il nucleo di un futuro governo “democratico” ombra degli Usa, una volta caduto Assad
  4. Consentire a Washington (e al suo alleato Ryad) di combattere una guerra per procura evitando di schierare direttamente propri soldati sul terreno e limitandosi all’utilizzo della forza aerea come supporto di una fantomatica guerra ai terroristi che i Ribelli moderati non hanno mai realmente fatto

In questo senso ci si dimentica che in Siria, la coalizione anti-Isis a guida Usa agisce fuori dal Diritto Internazionale (e quindi illegalmente) poiché non è stata chiamata dal governo siriano, né opera su mandato delle Nazioni Unite.

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Tutto sommato in un primo tempo i risultati ottenuti da Washington furono in linea con gli obiettivi, nonostante qualche clamorosa umiliazione; come quando, nell’Ottobre del 2015, il Gen. Lloyd Austin, comandante del CentCom, dovette ammettere davanti ad un’esterrefatta platea di senatori americani, che i programmi di addestramento e finanziamento costati miliardi di dollari dei contribuenti Usa, avevano prodotto un numero di combattenti inferiore ad una squadra di calcio; altro che esercito di Ribelli.

La verità è che questi “Ribelli moderati” non rappresentavano l’élite siriana in rivolta contro l’oscuro dittatore; erano reclutati prevalentemente tra i segmenti più disperati della società, tra personaggi ostili al Regime ma spesso non per ragioni ideali, e tra molti islamisti sunniti che il laico regime di Assad combatteva.
Insomma gente che una volta incassate armi e denaro dagli Usa pensava bene di passare tra le file dei più proficui gruppi jihadisti di Al Qaeda e dei mercenari tafkiri, più sensibili ai saccheggi e all’arricchimento personale e più vicini alle proprie convinzioni ideologiche.

Poi però le tecniche di selezione sono migliorate ed una componente incline ad una visione democratica della Siria, è sembrata emergere. Necessaria per continuare a definire “Guerra civile” una guerra combattuta in Siria da oltre 20 nazioni come contributo che i media occidentali davano (e danno) alla causa della falsificazione della realtà.

Eppure l’enfasi attorno ai “Ribelli moderati” dimostrava come l’amministrazione Obama non fosse interessata a combattere lo Stato Islamico e il terrorismo, ma solo ad abbattere il regime di Assad (anche utilizzando Daesh e Al Qaeda all’occorrenza). Cosa che emerse clamorosamente in questa registrazione di John Kerry silenziata sui media occidentali.

LE COSE CAMBIANO…
Fatto sta che alla fine del 2015, nessuno avrebbe scommesso un soldo sulla tenuta del regime siriano. Poi le cose sono radicalmente cambiate per tre ragioni:

1) La Siria non è la Libia; non è una nazione divisa da miriadi di clan tribali in conflitto secolare. La Siria è (o almeno era) una nazione con una forte identità nazionale, moderna e con una classe media evoluta, caso raro in Medio Oriente. Quello di Assad è un regime autoritario (come tutti quelli nella regione) ma laico e garante i diritti delle minoranze religiose (a partire da quella cristiana) a differenza di molti alleati dell’Occidente. Nell’esercito siriano, soldati musulmani e cristiani combattono insieme per il proprio paese

2) L’entrata in campo della Russia (e degli alleati iraniani) che ha cambiato completamente gli esiti della guerra; con una capacità di pianificazione strategica ed un efficacia tecno-militare (aerea, missilistica e informatica) che ha sconvolto persino gli osservatori Nato.

3) L’elezione di Donald Trump, che pur con una politica estera ancora incoerente, sulla Siria ha fatto una scelta netta: togliere i finanziamenti e le armi ai “Ribelli moderati” e consegnare la responsabilità strategica ai militari marginalizzando la Cia e la lobby neo-con che hanno dominato il Dipartimento di Stato sotto Obama e decidendo di concentrare l’azione solo al nord nella regione di Raqqa in supporto ai curdi.

Oggi, mentre anche Deir Ezzor sta per essere liberata e gli analisti occidentali ammettono che Daesh sarà sconfitto solo grazie all’esercito siriano e ai suoi alleati, la storia dei Ribelli “moderati” verrà de-rubricata tra le tante fake news costruite dai media occidentali per nascondere la verità di questa guerra: come quella sul piccolo Omran o quell sui famigerati “forni di Assad” o quella sui White Helmets.

Perché, come ha detto Padre Daniel Maes, voce carismatica del cristianesimo in Siria: quello che ci hanno raccontato su questa guerra “è la più grande menzogna del nostro tempo”.


Su Twitter: @GiampaoloRossi

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