55552060c621b-full_croppedI CATTIVI PIÙ CATTIVI
La storia è arcinota, ce la raccontano ogni giorno i media, gli intellettuali, i politici.
Il mondo è diviso in due: i buoni e i cattivi. I buoni siamo noi, gli Occidentali. I cattivi sono tutti gli altri.
I cattivi sono cattivi per tanti motivi: perché sono dittatori (tranne quando i dittatori sono amici nostri), perché sono terroristi (tranne quando i terroristi sono amici nostri), perché sono manipolatori della verità (tranne quando i manipolatori sono amici nostri).

Tra questi ultimi, i cattivi più cattivi sono i russi.
Loro sono i maestri nella cosiddetta Infowar, vale a dire il complesso uso dell’informazione e della comunicazione come strumento di propaganda, manipolazione per condizionare alterare l’opinione pubblica, imporre decisioni che cambiano il corso della storia.
Sono loro che hanno fatto vincere Trump in America, non gli americani che l’hanno votato. Sono loro che hanno costretto Londra a uscire dall’UE, non gli inglesi che hanno scelto la Brexit. E sono loro che hanno provato a manipolare le elezioni in Francia e Germania.
Sono i loro hacker che hanno in pugno la rete, che dominano i social network e che producono le fake news dalle quali, le povere ed indifese democrazie occidentali, rischiano di essere travolte.
Tutto chiaro, semplice, lineare.
Se non fosse che poi ogni tanto scopri notizie che ti fanno pensare che quello che ci raccontano non sia proprio vero.

Londra investe 2,5 mln di sterline per migliorare e riabilitare l’immagine dell’Ucraina in Occidente. Perché?

COME TI TRUCCO L’UCRAINA
Il Guardian ha rivelato che il governo inglese ha dato incarico alla M&C Saatchi, una delle più importanti società di comunicazione del mondo, di curare l’immagine pubblica dell’Ucraina per “riabilitare” la nazione alleata agli occhi degli occidentali. In tutto circa 2,5 milioni di sterline sono stati investiti per migliorare la reputation attraverso una serie di attività indirizzate all’opinione pubblica di lingua inglese, agli investitori e ai media (tra cui CNN e BBC).

Insomma, Londra paga esperti per migliorare le strategie comunicative del governo di Kiev e condizionare l’immagine occidentale dell’Ucraina. Anche agendo in contesti di puro intrattenimento come nel caso del recente Eurovision Song Contest, svoltosi a Kiev che ha visto l’autoesclusione della Russia in polemica con il divieto imposto dagli ucraini alla cantante russa a causa di un suo recente viaggio artistico in Crimea. Gli strateghi della Saatchi sarebbero intervenuti massicciamente sui social per arginare il rischio di polemiche contro l’Ucraina.

L’obiettivo del governo inglese, è identificare le storie di successo politiche ed economiche e “dimostrare che l’Ucraina è un paese vitale”.
Ma se l’Ucraina fosse veramente un paese vitale che bisogno ci sarebbe di reclutare una società di comunicazione internazionale per dimostrarlo?
La realtà è che l’Ucraina è oggi una nazione totalmente dipendente dai finanziamenti occidentali, con un governo espressione di lobby americane e inglesi, costruito e condizionato dai centri di potere mondialista e attraversato da fermenti nazionalisti e neo-nazisti difficilmente compatibili con una possibile adesione alla Nato e all’Ue.
Però l’Ucraina serve perché è il tassello portante del processo di accerchiamento della Russia messo in atto dall’Occidente.

mediaNON SOLO UCRAINA
Secondo il Guardian, l’operazione Saatchi/Ucraina fa parte di una più complessa campagna di Infowar messa in piedi dal Foreign Office che prevede l’investimento di oltre 1 miliardo di sterline sul CSSF (Conflict, Stability and Security Fund). Un Fondo così segreto che persino al Parlamento britannico è vietato conoscere i 40 paesi a cui i soldi sono destinati.

Eppure qualche progetto è emerso: per esempio una campagna di “sensibilizzazione” indirizzata ai cittadini di lingua russa dei paesi baltici.
Oppure il progetto Reframing Russia, in collaborazione con alcune università americane e inglesi per monitorare l’attività di Russia Today considerata pericolosa per l’azione di contro-informazione che svolge in Occidente.
E sopratutto un progetto affidato alla Reuters Foundation per formare giornalisti e influencer della rete russi, affinché sviluppino “giornalismo di qualità in Russia, secondo gli standard britannici”. 
Ora provate per un attimo ad immaginare cosa sarebbe successo se il Cremlino avesse pagato “corsi di formazione” a giornalisti europei che scrivono sui giornali e sui siti occidentali.

Non basta vincere una guerra… Occorre che quella guerra sia anche “giusta”, il nemico “cattivo”, e la verità “la nostra”

INFOWAR: LA GUERRA PIÙ IMPORTANTE
L’informazione non è uno spazio neutro ma lo spazio dove il Potere prende forma e legittima se stesso. Per questo la Infowar è oggi la guerra più importante; serve a manipolare e a costruire immaginari funzionali.

Il recente Premio Oscar al documentario prodotto da Netflix sugli White Helmets siriani, è una perfetta costruzione manipolatoria per rappresentare la guerra in Siria secondo precise indicazioni propagandistiche che servono a nascondere il vero volto dell’intervento Usa in Medio Oriente.

Così come il famoso scandalo dei Panama Papers, orchestrato con perfetto sincronismo dai media occidentali, è servito a colpire l’immagine di Putin in uno dei momenti di sua ascesa nell’opinione pubblica occidentale; scandalo che oggi è già caduto nell’oblìo per la sua inconsistenza.

Non basta vincere una guerra sul terreno o in diplomazia o in economia. Occorre che quella guerra sia anche “giusta”, che il nemico sia “cattivo”, che la verità sia “la nostra”; solo così uno Stato o un potere tecnocratico possono giustificare le conseguenze delle proprie azioni.


Su Twitter: @GiampaoloRossi

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