[photopress:dete1.jpg,thumb,alignleft][photopress:dete2.jpg,thumb,alignleft][photopress:dete3.jpg,thumb,alignleft]Vietato andare in fuga. Ovviamente. Detto di una gara ciclistica sembra un non senso ma se i corridori di quella gara ciclistica sono detenuti beh, allora, il senso c’è eccome. Si sta svolgendo in Francia il <Tour de France> penitenziario. E’ una cosa seria: salite, discese, tapponi di pianura per due settimane di corsa e 2.300 chilometri con arrivo a Parigi sui campi Elisi proprio come fanno Armstrong, Contador e compagni. Il gruppo è un gruppone di oltre 200 elementi tra detenuti, guardie penitenziarie e allenatori che da Lille attravreserà mezza Francia. Hanno tutti la stessa maglia bianca con i quadrifogli blu sulle spalle e per mesi si sono allenati nelle palestre dei loro istituti di pena pedalando ore e ore sulle cyclette. Non corrono per vincere e infatti non ci sarà classifica. L’obbiettivo è dare una possibilità di riscatto a chi sta scontando la sua pena in cella e permettergli di incontrare strada facendo moglie, figli e parenti . <I detenuti che partecipano a questa gara- ha spiegato Claude d’Hancourt, direttore dell’amministrazione penitenziaria francese- sono uomini, donne e minori con condanne al massimo di tre anni che hanno dimostrato di volersi rimettere in carreggiata…>. Che vogliono rimettersi in sella verrebbe da dire… Ma se qualcuno, preso dall’euforia, cercasse la fuga? <Credo sia impossibile- spiega Jan Paul Chapu, direttore del carecre di Lille e patron di questa corsa- avrebbero tutto da perdere…>.