[photopress:ivan.JPG,full,alignleft]Stamattina, prima della riunione di redazione al Giornale, Giuseppe De Bellis che è il caporedattore delle  cronache nazionali mi guarda e mi dice: <Sai Antonio che proprio non capisco come ci si possa più appassionare al ciclismo? Secondo me hanno fatto l’errore fondamentale di pensare che il problema fosse il doping in realtà il problema è che è un mondo che non ha più personaggi…>. Giuseppe è un tipo in gamba.  Gioca a calcio, è uomo da ultimo passaggio e ha scritto (e scrive) cose ottime spaziando da Barack Obama, di cui sa praticamente tutto, a Zenga, a Mourinho. Dimenticavo, fa il tifo per il Bari ma nessuno è prefetto. Detto ciò, torniamo alla discussione di stamattina. Lo guardo e gli rispondo che da Armstrong a Basso a Contador non mi sembra che il ciclismo stia poi così messo male. Che basta leggersi i dati di share in tv di Giro e Tour o delle classiche del Nord per capire che, nonostante gli scandali, l’interesse è vivo e poi gli ricordo le 150mila persone assiepate tre giorni fa all’arrivo sul monte Zoncolan. Senza polemica, la chiudo lì: <Comunque oggi c’è il Mortirolo…>. Non so se abbia visto la tappa. Non so se abbia visto di cosa sono stati capaci Basso, Nibali, Arroyo e compagnia pedalante. Non so se abbia apprezzato la faccia antica di Scarponi con <quel naso triste come una salita> o le smorfie di Evans in piena crisi. Non so se se tutto ciò sia epico o memorabile, esaltante o assolutamente normale. Ma per me, che in bici mi esalto anche su un cavalcavia della tangenziale, una tappa così è una scarica di adrenalina e una piccola pagina di storia. E domani c’è il Gavia.