Stamattina a Palazzo Marino ho visto diversi giornalisti con gli occhi sbarrati. Capita quando ti trovi di fronte a qualcosa che non sai bene cos’è. Tabelle, lunghi carboidrati, ripetute e gps che sballano quindi meglio misurare i chilometri con la bindella. E i segni per terra? Ognuno fa i suoi e ognuno con la sua tecnica e il suo stile come novelli writers che si riconoscono dalle tag. Ma di cosa stiamo parlando? E siccome a presentare il nuovo libro di Linus (“Parli sempre di corsa” edizioni Mondadori) c’era Giuseppe Cruciani, la zanzara di radio 24, lui pure molto impallinato m’è parso di capire, la conferenza stampa è diventata una mezza riunione tra carbonari che se la sono raccontata divertiti e compiaciuti. E gli altri? Hanno fatto le domande che potevano, hanno provato a intrufolarsi e a rompere l’incantesimo: ” Linus ma quando corri che muisica ascolti? Linus ma le scarpe i runner se le fanno su misura? Linus ma New York è davvero la più bella maratona del mondo?”. Non c’è stato verso. <Ma è vero- ha chiesto Cruciani- che la notte mentre tua moglie dorme tu riguardi gli appunti dei tuoi allenamenti?". E ancora: <Per uno che corre qual è il limite tra la passione e la malattia?". La realtà è che non c'è un limite perchè in questa tribù siamo tutti malati. Come i cacciatori, i pescatori, i collezionisti di dischi in vinile , treni o vecchi giornaletti di Kriminal e Diabolik. Un popolo di pazzi monomaniacali, autoreferenziali, pignoli, fissati, scaramantici, invidiosi e smargiassi. Ogni runner, ogni vero runner, almeno una volta nella vita ha barato su un suo tempo di maratona, s'è inventato una scusa per giustificare un naufragio e sì è finto dispiaciuto perchè il suo migliore amico gli è arrivato dietro. Non è un peccato e non c'è rimorso, "sono storie di maratona, baby…"