Anche se ormai, come dice Max Pezzali, è cominciato il mio <Secondo tempo> e anche da un bel po’ purtroppo, io Coppi, Bartali e Magni ho imparato a conoscerli solo nei racconti di mio papà. Lui li ha  applauditi sulle rampe del Macerone, la salita che da Isernia porta a Castel di Sangro tra Molise e Abruzzo, e una volta, non  ricordo chi dei tre, giura anche di averlo visto arrancare  con un braccio ingessato. Poi a cementare il mito, che sono stati e che sono, è arrivata in aiuto la tv, qualche spezzone in bianco e nero dei Processi alla tappa, i ritagli dei giornali e i libri. Tanti libri. Perchè questi tre hanno scandito con le loro pedalate la storia del ciclismo ma un po’ anche quella italiana. E a proposito di libri mi piace segnalare l’ultimo arrivato nelle librerie. <Tre uomini d’oro> scritto da Giuseppe Castelnovi ( edizioni Vallardi 40 euro) racconta quella che è stata e rimane la vera  <Età dell’oro> del ciclismo italiano.  <Qualche libro si guarda, qualche altro si legge. Questo, si guarda e si legge insieme- spiega l’autore- Perché fin dalle prime pagine il tempo si ferma e torna a quell’epoca che per il ciclismo italiano sa di speranza, di rinascita , di polvere, di sudore e di salite che non finiscono mai.>. Documenti ufficiali, scritti originali,  firme autografe: è attraverso queste realtà che si rivivono quegli anni d’oro caratterizzati dalle grandi imprese (e dalla rivalità) di Gino Bartali e Fausto Coppi sempre chiamati a sfide infinite da campioni di Francia, Belgio, Olanda e Svizzera, con l’aggiunta del <terzo uomo>, quel Fiorenzo Magni che più di una volta è riuscito a mettere la sua ruota davanti a quelle dei due grandi rivali. Riemerge dal cassetto della memoria una realtà a volte inedita, e per le ultime generazioni assolutamente nuova, di un’epoca, a cavallo della seconda guerra mondiale.  Dagli inizi della carriera di ciclisti, dai  primi contratti da professionisti con le tesserine originali delle societaʼ per le quali correvano. E poi la guerra che li coinvolge con lettere e foto dei tre campioni dal fronte e ancora con  le grandi imprese che li hanno resi famosi quanto le grandi sconfitte. Infine le loro bici. Gli schizzi ed i disegni originali fatti dai 3 campioni per i loro artigiani con le indicazioni delle modifiche da apportare,  pionieri di un’epoca che fu e  che sembra (ed è)  lontana anni luce dalle bici di oggi che sembrano astronavi di carbonio che si muovono su telai monoscocca e ruote lenticolari.