Sette giorni sulle strade delle Fiandre in bici valgono un piccolo racconto. Premessa indispensabile per capire di cosa stiamo parlando: il Giro delle Fiandre di Cancellara, Basso,  Boonen e compagni è un’altra cosa. E c’entra poco con il Tour delle Fiandre organizzato da Girolibero (www. girolibero.it ), se non che ogni tanto le strade s’incrociano soprattutto nei tratti di pavè. Ma la settimana proposta dall’agenzia vicentina specializzata in viaggi in bicicletta é un bel modo ritagliarsi una vacanza pedalando anche con la famiglia al seguito. Una quarantina di chilometri al giorno senza l’incubo del bagaglio che ti precede nell’albergo dove si farà tappa, con calma, fermandosi, ripartendo, fermandosi ancora e ripartendo di nuovo. Assecondando la voglia delle proprie gambe  o i capricci dei bambini per cui le tappe sembrano davvero quelle dei campioni. Un bel viaggio che ruota tutto intorno a Bruges,  che i fiamminghi chiamano Brugge e che, con tutti quei canali, pensano sia un po’ la Venezia del Nord. Ovvio che non è così,  ma resta un gioiellino medievale che in bicicletta si gira in ogni angolo dalla Torre dell’orologio, alla cattedrale, ai canali, al museo del cioccolato o a quello delle patatine fritte che qui sono un po’ come il il Parmigiano reggiano o il prosciutto San Daniele per noi. Friggono tantissimo i belgi. Friggono e hanno anche delle ottime birre per cui pedalare dalle nove del mattino alle cinque del pomeriggio diventa un ottimo alibi per non farsi poi  mancare nulla a tavola. Ma torniamo al giro . Da Bruges a Loppem e poi Damme un paesino lastricato di pavè che si raggiunge dopo un bel tratto verde costeggiando un canale con i ponti che si sollevano per fare passare i barconi e gli yacht che vanno verso il mare del Nord. E’ un continuo come i paesaggi che ti scorrono a fianco: dai polder strappati al mare, ai boschi, alle immense pianure coltivate a grano e granoturco, alle distese di erba medica dove pascolano mucche, cavalli e anche qualche cerbiatto. Ci sono più animali che persone. E uno si chiede di cosa vivano da queste  parti, dove le casette e i giardinii ti laasciano a bocca aperta , dove nulla sembra fuori posto, dove ci sono piste ciclabili ovunque e dove le auto si fermano per lasciarti passare.  Ma non si incontra quasi mai nessuno. Un mio amico che vive a  Bruxelles racconta che i belgi non amano lasciare i loro paesini, non si trasferiscono e prefersicono vaiggiare per andare al lavoro nelle città. Fanno i pendolari insomma. Raggiungono le stazioni con le biciclette, le lasciano nei parcheggi custoditi e poi in treno vanno in ufficio. Viceversa la sera che, per la cronaca, arriva tardissimo visto che fino è chiaro fin quasi alle 23. Non solo paesini incantati però. Nel giro dopo un paio di giorni si arriva a Torhout, la più antica città delle Fiandre, che merita una visita così come i castelli di Aertrijke e di Wijnendale che è ancora abitato da una baronessa con il marito, un ex ufficiale di marina ora in pensione. I due, che non ho ben capito se hanno figli, si godono un’ala del maniero e lasciano l’altra parte alla curiosità di qualche turista che prima del giro però è quasi costretto da una solerte custode che parla in francese a sorbirsi un filmetto di un quarto d”ora in fiammingo sulla storia della famiglia. Sulla strada del ritorno una tappa la merita l’Osservatorio naturalistico del parco di Beisbroeck  e  le spiagge infinite del mare del Nord a Blankeenberge. Basta un’occhiata al colore scuro dell’acqua e ai bagnanti con la muta da sub per capire perchè i belgi, quando poi vengono in Italia, fanno il bagno anche a marzo.  Il Giro delle Fiandre è quasi tutto qui.  Molto rimane nella testa, tantissimo nel cuore perchè anche se il fiammingo è una lingua che non si capisce e i fiamminghi, come diceva Mario che ha pedalato con noi, sono per precisione e puntualità  “semitedeschi”, hanno uno spiccato senso dell’ospitalità. E quando uno fa fatica per tutta una giornata non guasta. Anzi, fa un immenso piacere.