La burocrazia è una cosa brutta. E fa paura. Chi, tra gli incubi ricorrenti, non ha mai avuto quello di finire “stritolato” negli ingranaggi di un ministero qualunque per un’omonimia o una cartella pazza? Chi non ha i sudori a freddo quando si ritrova nella casella delle lettere una cartella esattoriale? E la burocrazia non parla solo italiano, anche se è una lingua che conosce benissimo. Ma declina anche in inglese e indiano. Così Fauja Singh, l’atleta centenario che pochi giorni fa a Toronto aveva concluso una maratona da record, non entrerà nel Guinness dei Primati.  Il bureau ha infatti dichiarato  alla Bbc che non potrà riconoscere Singh come maratoneta più vecchio del mondo in quanto non può mostrare un certificato che attesti che è nato nel 1911. Il passaporto britannico del maratoneta riporta come sua data di nascita il 1° aprile 1911 ma una  lettera dei funzionari del governo indiano afferma che in quell’anno non sono state effettuate registrazioni delle nascite. Così, per un cavillo, l’uomo che a 100 anni ha concluso la sua ennesima maratona non ha diritto al suo record. Non conosco Fauja Singh, ma ho letto molto su di lui e non credo che per questa esclusione dal Guinnes si strapperà le vesti. Non farà una piega. Come fece nel 2004 quando divenne testimonial dell’Adidas con Mohammed Ali, David Beckham e Zinedine Zidane ma accettò alla sola condizione che il suo compenso fosse completamente devoluto ad aiutare i bimbi prematuri. Naomi Klein, la scrittrice portabandiera dell’impegno no global contro le multinazionali diventata famosa con «No Logo» rimase delusa e arrabbiata vedendo Faujia Singh che nello spot recitava: «Nulla è impossibile…». E montò una bella polemica contro il maratoneta-filosofo colpevole di aver tradito la causa per mettersi al soldo di una multinazionale. Fauja restò olimpico e non rispose neppure. E così farà anche questa volta.