Non so se sia possibile riassumere il senso di una maratona in un pezzo musicale. Uno solo. Per chi, come me ,corre nella pancia del gruppo intorno alle tre ore e mezzo se mai dovesse usare le cuffiette la base musicale sarebbe molto, molto più lunga. Tanti pezzi, tanti ricordi di una vita che a cinquant’anni è segnata ormai da parecchie canzoni. Da De Andrè, ai Waterboys, da Van de Sfroos ai Saw Doctors, da Finardi ai Modena city rambler’s, dai Rolling Stones a Bob Dylan, agli U2. Ovviamente dimenticando un sacco di altri brani. Ognuno con il suo pezzetto di storia, d’amore e di malinconia. Ma, visto che qualche giorno fa, un amico mi ha chiesto quale fosse secondo me il pezzo che più di ogni altro mi rocordasse una maratona allora mi sbilancio. One shot, risposta secca.  C’è un suono che più di tutti mi ricorda la fatica, la passione, l’emozione e la magia di  una 42 chilometri e non a caso viene dall’Irlanda terra di grandi spazi e meravigliosi colori. Carrickfergus non è solo una canzone. E’ un inno popolare che arriva dal Nord di quell’isola e dal cuore di un popolo da sempre abituato soffrire. Come chi corre, con le ovvie differenze. C’è una versione che potrei ascoltare ininterrottamente per 42 chilometri e 195 metri ed è quella dei Chieftain insieme con Van Morrison. Per me è un integratore perfetto. Ma io corro senza cuffiette.