Sarà che le indagini su fatti lontani nel tempo mi lasciano sempre un po’ perplesso. Sarà che le prove in qualunque inchiesta o si trovano subito oppure…Sarà che, quando seguivo i fatti di nera c’era un ispettore della Questura di Milano che ha risolto più omicidi che omicidi. che mi diceva sempre: “Se vuoi beccare un assassino le tracce fondamentali sono quelle che si trovi nelle prime ore. E quando  sbagli il primo sopralluogo allora devi sperare di avere fortuna. Tanta fortuna…”. Sarà tutto questo ma la sensazione che ho sull’indagine di doping che per l’ennesima volta ha travolto Lance Armstrong è che non porterà a nessuna verità. O a una verità così controversa che non si sapra a chi credere. Basta leggere un’agenzia di stampa che è arrivata oggi in redazione per capire di che dimensione, soprattutto politica, sia diventato il polverone. Lance Armstrong e l’Agenzia anti-doping degli Stati Uniti– scrive l’Adnkronos- hanno presentato le proprie argomentazioni di fronte al tribunale federale che dovrà decidere chi è competente nel caso delle accuse di doping nei confronti dell’ex vincitore di sette Tour de France. Nei documenti presentati al giudice distrettuale Sam Sparks, gli avvocati del texano hanno allegato una lettera da parte dell’ avvocato della Federazione ciclismo degli Stati Uniti. Nella lettera si legge che la federazione americana accetta che la competenza della vicenda sia della federazione internazionale di questo sport e non della Usada. A sua volta il Ceo dell’Agenzia anti-doping Usa, Travis Tygart, sostiene che per l’Agenzia mondiale anti-doping, debba essere proprio la Usada ad avere giurisdizione sul caso. Tygart cita al riguardo le norme stabilite dall’Unione Ciclistica Internazionale. Armstrong è accusato da alcuni suoi ex compagni di squdra “pentiti” dopo un sostanzioso sconto di pena di aver fatto largo uso di sostanze dopanti nel corso della sua carriera e per questo è stata chiesta la sua squalifica a vita da ogni attività sportiva. Armstrong ha sempre negato le accuse e si è appellato al tribunale federale di Austin, in Texas, sostenendo che la Usada violi il diritto costituzionale di ogni individuo e anche di ogni atleta ad ottenere un processo equo. Nella vicenda si è infine inserita direttamente l’Uci, sostenendo di essere lei competente a giudicare nel caso in questione. Capito che casino?

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