Un aneurisma ha portato via l’ultimo dei campioni del dopoguerra. Fiorenzo Magni è morto a Monza a quasi 92 anni (li avrebbe compiuti il prossimo 7 dicembre), eroe sopravvissuto del ciclismo pioneristico, fuoriclasse assoluto che ebbe la “sfortuna”, o la “fortuna” dipende dai punti di vista,  di vivere l’era di Coppi e Bartali. E, per questo, di vedersi affibbiato il soprannome di «terzo uomo», il terzo “eroe” che però terzo non era proprio per nulla. Nato a Vaiano, nel pratese, il 7 dicembre 1920, Magni fu un numero uno di razza, tanto da vincere per tre volte il Giro d’Italia (’48, ’51 e ’55), riuscendo così a spezzare il binomio Coppi-Bartali. Legò però le sue fortune soprattutto al Giro delle Fiandre, dove si impose per tre anni di fila, tra il 1949 e il 1951, tanto da guadagnarsi il soprannome di «Leone delle Fiandre». Ma vinse anche dopo aver appeso la bicicletta al chiodo. A lui infatti si deve l’idea e la realizzazione del Museo del ciclismo al Ghisallo, meta delle pedalate di chi ha la bici nel cuore. Di Magni ho scritto qualche tempo fa. Di Magni si potrebbe scrivere un romanzo. Questa mattina ho ricevuto un messaggio di una mia collega e amica Luciana Rota che Magni lo conosceve bene: “Con lui se ne va un pezzo della mia vita…”. Così per ricordare il Leone metto le sue righe.

 Il suo numero, non ci sono santi, e’ il 3. E tu pensi: tre vite. Non una e qualcosa, a quasi 92 anni. Ma tre. Tre secoli almeno. Quindi quando un tweet di un amico ti raggiunge per darti la notizia: ti buca il cuore nel centro. Prima delle agenzie. Prima che sia vero. Ti avvisa che stamattina se ne e’ andato Fiorenzo Magni, il Leone delle Fiandre, il grande campione di ciclismo. Colui che sfidava Coppi e Bartali. Quell’uomo forte tutto d’un pezzo fraternamente amico di tuo padre. Di tua mamma. Uno di famiglia.E quindi, di conseguenza, anche un po’ il tuo babbo, come usava dire lui, da toscanaccio. Un babbo anche per te, pur se in condivisione allargata.

Ti informano e ci rimani troppo male. Perché non era il momento. Non lo e’ mai!  Perché adesso pensi a quel 3. Tre Giri. Tre Fiandre. Tre secoli. Lui che scherzava sul fuoco dei quasi cento anni. Tre come terzo uomo,  un’ossessione un po’ celata ma neanche tanto. In famiglia. Quella del terzo uomo. In casa tua non lo si diceva mai, perché papaletto lo conosceva bene Fiorenzo Magni e sapeva che non e’ che gli piacesse essere chiamato il terzo. Gli piaceva vincere. E gli piaceva chi vinceva. Quindi Coppi. E anche Bartali. Con una chiara preferenza per Fausto, di cui si dichiarava amico fraterno. Ed era vero. Ma soprattutto dopo…  Dopo che il destino.

Magni era uno che coi numeri e i secondi vinceva un Giro che “sbatteva in fondo alla pagina della Gazzetta dello Sport, la Rosea, la notizia della fine del campionato di calcio. E non viceversa!” ti ricordava con quel suo piglio ogni volta. “Capisci Lucianina, che importanza aveva il ciclismo allora? Come potevamo sentirci noi? Noi eravamo i protagonisti di quella storia che raccontavano con grande scrittura i Nutrizio, i Fossati, i Rota e anche i Montanelli… guarda qui piccolina”. E ti prendeva per mano, ti portava a vedere un’altra volta la libreria di casa, nella Villa Magni di Monticello, un privilegio da figlia entrare in quel salotto con la signora Liliana sempre bellissima, seduta con la coperta di lana sulle ginocchia e un filo di rossetto rosso che ti sorrideva sempre dolcemente. “Eccolo il libro che Indro Montanelli mi ha autografato e c’e’ la dedica a me, mi chiamava Leone… me lo porto’ tuo padre, sai, con un orgoglio da fratello maggiore. Mi fece questo regalo che per me resta fra i ricordi più belli. E tu ricordatelo questo particolare. Che non deve scappare nulla dalla memoria. Dal ricordo”.  

Non scappa nulla. Resta tutto dentro. E anche fuori. E si arrampica come domani al funerale. Su, verso il Ghisallo, la realizzazione  del suo sogno, la sua grande impresa: realizzare l’unico museo al mondo dedicato a tutti i campioni di ciclismo. Con la benedizione della Madonnina di Magreglio che brinda con noi al saluto di Fiorenzo. Ciao Campione. Ti aspetto di nuovo qui. Fra tre minuti. Tre. E pedalare.

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