“Tutto giusto, tutto da rifare…”. Andrebbe cambiata così la frase più famosa di Gino Bartali. Perchè in questo caso non c’è nulla di sbagliato e non stiamo parlando di una vittoria di un Giro o di un Tour. Ci sono azioni che entrano nella storia in silenzio e che fanno la storia senza clamori perchè come diceva spesso il Ginettaccio a suo figlio Andrea  “il bene si fa ma non si dicè e sfruttare le disgrazie degli altri per farsi belli è da vigliacchi”. Racconti di altri tempi che danno la dimensione delle persone, dei protagonisti e della vita: com’era e come adesso è cambiata. Così  Bartali corriere dei partigiani che durante l’occupazione tedesca nasconde i documenti falsi nella canna della sua bicicletta per salvare gli ebrei dall’Olocausto può sembrare solo l’immagine sbiadita di uno dei tanti documentari su quel periodo buio. In realtà quell’immagine non si può e non si deve cancellare. Così non c’è nulla di sbagliato se il Bartali oggi è stato nominato «Giusto tra le nazioni» dallo Yad Vashem, il memoriale della Shoah di Gerusalemme. «Giusto tra le nazioni» è chi tra i non-ebrei si è distinto per il suo eroismo nell’aiutare le vittime dell’Olocausto. E Bartali come si legge sul sito Yad Vashem “Era un devoto cattolico che nel settembre del 1943 giocò un ruolo importante nel salvare gli ebrei attraverso la rete creata da Elia Dalla Costa, l’arcivescovo di Firenze a cui  era molto legato, già riconosciuto tra i Giustì nel 2012. Quella rete  salvò centinaia di ebrei locali e rifugiati.  Con la scusa di doversi allenare  Bartali, vincitore di tre Giri d’Italia e due Tour de France, percorreva le campagne toscane e  quando veniva fermato chiedeva che la sua bibicletta non venisse toccata perchè le diverse parti erano calibrate attentamente per raggiungere la massima velocità”.  Questo Bartali sconosciuto è stato raccontato in una biografia curata da due fratelli canadesi, Aili e Andres McConnon. Il libro, dal titolo «La strada del coraggio-Gino Bartali, eroe silenzioso», è uscito a maggio nella traduzione italiana a curasta delle edizioni  “66thand2nd”. E la  «strada del coraggio» era quella che Bartali percorreva ogni giorno in bici sfidando le pattuglie fasciste da Firenze ad Assisi con una sorta di cilindro montato sulla canna  simile a una pompa per tubolari che però nascondeva i documenti falsi da recapitare agli altri membri della struttura clandestina per cui lavorava. Durante l’occupazione di Firenze, il campione toscano  aprì anche  le porte della propria casa per nascondere  una famiglia di ebrei fiorentini. Giorgio Goldenberg, oggi residente in Israele, ha raccontato di essersi nascosto a lungo insieme ai genitori e alla  sorella in un cantina messa a disposizione da Bartali e da suo cugino. Oltre a quella di Goldenberg, Bartali avrebbe salvato almeno seicento ebrei italiani dai rastrellamenti nazifascisti, 330 in Toscana e 300 in Umbria.  E  Avner Shalev, il presidente di Yad Vashem davanti al Sacrario della Memoria di Gerusalemme ha spiegato con poche parole perchè ha deciso di inserire  Gino Bartali tra i Giusti: “Non è stato solo un grande campione ma un uomo semplice che ha fatto cose straordinarie”. Altrochè Tour.

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