Raccontava nei giorni scorsi in riunione di redazione il mio vicedirettore Nicola Porro che ormai in televisione funziona solo il calcio. È che quindi chiunque conduca una trasmissione (e lui fa Virus su Raidue) cerca di stare bene alla larga da anticipi, posticipi, champions e amichevoli varie. Va così , siamo un Paese di commissari tecnici da sempre e probabilmente continueremo ad esserlo chissà per quante generazioni ancora. Però se gli altri sport fanno ascolti inutili, vengono relegati in orari improbabili e continuano ad essere considerati “minori” forse non è tutta colpa della scarsissima cultura sportiva del Belpaese. Prendiamo ad esempio la maratona. Domenica mattina si corre a Venezia e la gara sarà trasmessa in diretta per tre ore su Raiduesport. Non è poco e non è male. Anzi. Ci sono sport che farebbero carte false per avere uno spazio simile. E poi ci sono tutte le condizioni per trasformare la diretta in uno “spot” lungo 42 chilometri. C’è il debutto di Andrea Lalli che può essere il futuro azzurro, ci sono oltre settemila appassionati al via che arrivano da ogni parte del mondo con la loro passione e le loro storie, c’è una delle città più belle del mondo da riprendere e da raccontare. Ma mi viene da scommettere che non sarà così. Magari mi sbaglio, ma la cronaca della 28ma Venice marathon sarà ancora una volta quella del gruppetto dei primi che correranno per vincere. Il solito gruppetto di keniani, fortissimi e campioni per carità, ma dai nomi impronunciabili e assolutamente impossibili da ricordare anche per gli ottimi Bragagna e Monetti. Saranno ancora gli interventi tecnici di Pizzolato e della Fogli che seguono in bici. Si parlera’ ancora una volta solo di crono, di tempi, di secondi in meno al chilometro, di glicogeno, carboidrati, maltodestrine aminoacidi e ripetute. Sara’ dato lo spazio che serve, quindi moltissimo, all’assessore, al vice assessore, al sostituto del vice assessore che “ringraziamo tutti per questa magnifica giornata di sport…”. Insomma il solito schema. Lo stesso di sempre per Roma, Milano, Torino, Carpi e via trasmettendo. È non solo nel canovaccio Rai, va detto. Perche’ non e’ che le telecronache del La7 siano state una rivoluzione. Difficile cosi’ per chi non sia un maratoneta restare sintonizzato e non cedere alla tentazione di schiacciare sul telecomando. Parliamoci chiaro. Una maratona al 15mo, al 24mo ma anche al 38mo chilometro non è uno spettacolo televisivo che ti da’ chissà quale scarica di adrenalina. È se poi la’ davanti a giocarsela la non c’è nemmeno un italiano…E allora come fare per catturare in tre ore di trasmissione qualche spettatore e farlo incuriosire alla maratona? Innanzitutto cedere alla tentazione di raccontare la gara in modo più “pop”‘ andando a scovare le tante, tantissime storie che si nascondono nella pancia del gruppo, le sfide, i sogni e le emozioni della gente normale. Cercare di trasmettere a chi guarda in tv che la corsa non è solo un affare da professionisti inarrivabili che filano via a oltre 20 chilometri orari. Chi non hai mai corso non deve chiedersi “come fanno?” ma “come posso fare?”. Per catturare la gente che non corre il racconto di una maratona deve scontentare gli addetti ai lavori, i fissati come me, i tecnici e gli atleti che sono davanti ala tv perché infortunati o perché correranno la domenica dopo. Loro sanno già tutto. Una maratona e’ un lungo viaggio tra un popolo che è felice di far fatica, in città che hanno quasi sempre storia e storie da raccontare, tra tecnicismi che devono essere tradotti in banalità. Devono cambiare le immagini che non possono essere sempre quelle di chi corre là davanti, i commenti tecnici che se sono quelli di addetti ai lavori si rivolgono sempre agli addetti ai lavori e devono cambiare le forze in campo. Per tre ore di diretta non bastano un ottimo telecronista e un’ottima spalla, servirebbe almeno un paio di giornalisti inviati in più. Altrimenti la noia ti uccide e il telecomando e’ sempre li’ a portata di mano…

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