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Non sempre si è eroi.  Non sempre lo è un maratoneta che si trascina fino al traguardo sull’orlo del collasso. Forse è solo la storia, magari dopo un secolo come con Dorando Pietri, a raccontarci una leggenda che solo per caso non è finita in un dramma. E ieri nella maratona del Santo a Padova ciò che è successo al keniano Eliud Magut è molto più inquietante che eroico. Non servono tante parole per raccontare gli ultimi 400 metri strazianti di un atleta che andava soccorso anzichè incitato. Che andava fermato subito, prima di cadere, prima di crollare scomposto sotto una transenna a cento metri dal traguardo. Lo maratona è fatica, orgoglio, sfida e impagabile determinazione. Ma c’è il momento in cui il coraggio è quello di saper dire basta.  E’ quello il vero gesto eroico. E se un atleta non è più in grado di farlo come è capitato a Magut per lui devono farlo gli altri, il suo allenatore che lo segue in bici o gli infermieri che lo accompagnano al traguardo.  E andata come è andata e poteva finir peggio. Epilogo drammatico per una bella maratona con 20mila atleti al via. Per la cronaca ha vinto il keniano Pharis Kimani che ha percorso i 42 chilometri compresi tra Campodarsego e Padova in 2 ore 12 minuti e 03 secondi. A seguirlo il brasiliano Franck Caldeira mentre il terzo posto è arrivato Fabio Mella, atleta lombardo che ha concluso i 42 chilometri in 2 ore 26 minuti e 42 secondi superando Magut  che veniva portato via in ambulanza. Il suono di una sirena, la concitazione dei lettighieri e un timido applauso degli spettatori:  c’è poco di eroico in tutto ciò

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