C’è un rapporto tra la fatica, lo stress e il rischio di infortunarsi? Pare di sì ed anche importante. Ma a spiegarlo con risultati scientifici saranno Diego Ulissi e Damiano Cunego che stanno correndo in questa settimane il Giro d’Italia. O meglio a spiegarlo saranno i ricercatori dell’ Università Bicocca di Milano che hanno messo sotto stretta osservazione i due campioni della Lampre Merida e li terranno sotto controllo fino all’ultima tappa di Trieste.  L’obbiettivo di questo studio è misurare tappa per tappa potenza, disidratazione e stress degli atleti, per valutare il rapporto tra fatica e rischio di infortunio. Il progetto si chiama  “Vai In Giro” e parte dall’osservazione non solo di Cunego e Ulissi ma anche di altri loro sette compagni di squadra. Dai primi dati risulta che la potenza media erogata da un ciclista in una tappa non particolarmente impegnativa del Giro è intorno ai 160/170 watt, che possono salire fino a punte di 1.200 in una volata in vista del traguardo; in salita si marcia invece intorno a 300/400 watt in media.  Alla fine del Giro si tireranno le somme cercando poi di capire quale sia la relazione tra lo stress accumulato da un ciclista durante una gara a tappee il rischio di infortunarsi.  Qual è il rapporto tra la fatica percepita dal ciclista e indicatori come livello di potenza e disidratazione, quale la  relazione tra stress, sonno, disidratazione e resa in gara. Queste i punti che l’università Bicocca cercherà di  chiarire grazie alle misurazioni effettuate dallo scienziato Luca Pollastri. La ricerca, che ha ottenuto il patrocinio della commissione medica del Giro coordinata da Giovanni Tredici, docente del Dipartimento di chirurgia e medicina traslazionale dell’ateneo, si propone di in particolare di valutare gli indici di stress del metabolismo ossidativo in atleti che effettuano carichi lavorativi intensi per 24 giorni consecutivi.  In tutte le giornate di tappa Pollastri, che insieme a Tredici, Francesca Lanfranconi, Giovanni De Vito e Antonio Zaza è autore dello studio, colloca un  potenziometro e un computer di bordo sulle biciclette di  Cunego,  Ulissi e compagni e a fine tappa esegue una valutazione  impedenziometrica per misurare il livello di disidratazione. «Se si perde più del 2% di peso in liquidi – spiega infatti Pollastri – le prestazioni risultano compromesse». Nei giorni di riposo, invece, lo scienziato esegue sugli atleti una valutazione della Heart Rate Varibility, utile per valutare l’interazione fra il  sistema nervoso simpatico e parasimpatico in condizioni di stress.  «Esistono evidenze del fatto che un utilizzo prolungato e strenuo della catena trasporto-utilizzo dell’ossigeno, senza adeguati tempi di recupero, possa indurre nell’atleta patologie da sovraccarico – sottolineano gli autori dello studio – Con questa ricerca vogliamo stabilire in primo luogo la correlazione tra lo stress del metabolismo ossidativo e l’infortunio muscolo scheletrico in un ciclista professionista, e in secondo luogo comparare la percezione soggettiva della fatica con indicatori di stress metabolico come  potenza e disidratazione».