La voce che gira è che i calciatori si allenino poco e facciano la bella vita. Sarà. Ma una partita di calcio resta una bella fatica. Tanto quanto un triathlon, tanto quanto una mezza maratona, tanto quanto un’uscita in bici. E forse di più. Ma chi l’ha detto che in campo non si suda e non ci si ammacca? Corri, ti fermi, riparti, scatti. allunghi, calci e ti scontri. Così per novanta minuti che correndo (per me) fanno quasi venti chilometri ma che sul campo del Meazza sembrano davvero molti di più. Già il Meazza, la Scala del calcio che per una mattinata ha ospitato la squadra del Giornale e di Style per ricordare che  quarant’anni fa cominciava questa avventura. Tutta una scusa per giocare a San Siro che altrimenti quando ricapita? E così tutti puntuali alle 9.30 davanti al cancello numero otto con la stessa faccia che avevi da bambino quando scoprivi che sotto l’albero era arrivata la pista Policar. E così passi  dagli spogliatoi sotto il tunnel d’ingresso e sali come un campione  le scale del tempio. Con una certa emozione, quasi con riverenza. Pazzesco. Fa impressione da vuoto stare lì in mezzo al campo  figurarsi con ottantamila persone che ti guradano, ti giudicano  e se va male ti fischiano. E capisci subito che la naturalezza con cui si muovono Zanetti, Montolivo e compagnia bella  non sarà la tua. Sembra tutto facile in tv,  qui è un’altra cosa. Scopri che il tuo direttore Sallusti in porta ci sa stare e si vede che ha giocato, che Alessandro  che di solito vola altissimo con le sue pagine di cultura ha anche i piedi buoni ( Gigi un po’ meno) , che “Zuc” senza barba potrebbe anche assomigliare a  Sergio Ramos  , che Rudy e Riccardo, anche se un po’ più lenti di qualche anno fa, le geometrie ancora se le ricordano, che Vince è rimasto “spigoloso” e Benny vive “vintage”  e gioca anche un po’ “vintage” . Scopri che i tuoi colleghi più giovani del sito internet vanno il doppio di te, che Davide se gli dai la palla non la butta via, che Natale nonostante gli anni resta il baluardo delle telecronache di Bruno Pizzul, che Nino “vola”, Max, Felix e Giuseppe  hanno i piedi ben piantati per terra e Mimmo nonostante ce la metta tutta non è Callejon. Novanta minuti novanta con il nostro ‘AD che oggi non è in cravatta ma in braghette e arbitra con le stesse amnesie  di Paparesta, con  il direttore del personale in panca, mogli e figli sugli spalti a chiedersi perchè il papà oggi non nuoti e non esca in bici ma si è messo a correre dietro ad un pallone.  Un family-day che fa tanto azienda americana.  Certo la maratona è la maratona e il triathlon è il triathlon. Si nuota, si pedala e si corre e alla fine hai la lingua sotto i piedi. Ma occhio a dire che una partita di calcio è “roba”  da fighetti. Stesse gambe gonfie, dolori ovunque perchè a cinquant’anni le botte fanno molto (ma molto più male) che a venti o trenta, piedi distrutti perchè un conto è correre con un paio di morbide, ammortizzate, rinforzate scarpe da running, un’altra con le tue vecchie Adidas a dodici tacchetti. Non c’è partita. O meglio c’è ma è davvero tutta un’altra cosa. Alla fine ti resta tutto dentro. Un paio di gol, quell’apertura sulla fascia che neanche Alemao…, i dai e vai che si chiudono come ai tempi d’oro. E’ una partirta di calcio sull’erba del Meazza…Mica”pizza e fichi”.