Campioni mascherati, verrebbe da dire. Che si coprono il volto (e non solo il volto) più per necessità che per appagare la propria vanità. Così se Martin Castrogiovanni che si è rotto due costole vuol scendere in campo nel «Sei nazioni» con la nazionale di rugby, passa di qui. Così se Giuliano Razzoli, ancorchè acciaccato, non vuole rinunciare ad uno slalom di Coppa del Mondo, passa di qui. E così se un calciatore come il portiere del Chelsea Peter Chech si frattura il naso ma vuol giocare perché deve guadagnarsi un posto in squadra nella sua nazionale passa di qui. Maschere di protezione, progettate e costruite su misura con i materiali più ricercati e «griffate», personalizzate e impreziosite con tutto ciò che i campioni chiedono, perché capricci e scaramanzia fanno parte del gioco. Maschere che sono un vanto di quel made in Italy che parla milanese e ha conoscenze e creatività che servono per far business. A due passi dai Navigli, in Corso San Gottardo dove da otto anni ormai Ortholabsport, l’azienda nata dall’intuizione di due ortopedici, è diventata un punto fisso per sportivi e non solo. «É nato tutto un po’ per caso – racconta Lucilla Pezzoni – perché prima lavoravamo ognuno per conto proprio e poi, visto che eravamo vicini di azienda e tutti e due più o meno nello stesso settore, abbiamo deciso di collaborare. Ci siamo messi insieme ed è nata Ortholabsport che però non è solo maschere perché ci occupiamo anche di tante altre soluzioni ortopediche che non servono solo agli atleti professionisti». Ma i campioni qui fanno la fila. Da Fernando Torres anche lui per qualche mese bomber mascherato, ad Alvaro Pereira, il terzino uruguayano ex Inter. Dalla punta del Milan Giampaolo Pazzini, all’ex nerazzurro Christian Chivu, da Criscito a Cordoba e tanti altri ancora: «La passione per lo sport è alla base di tutto – spiega Stefano Duchini -. Il nostro compito è proteggere un atleta che si è infortunato, cercare di evitare che si infortuni nuovamente e comunque permettergli di scendere in campo più sicuro. Entriamo in scena dopo medici e fisioterapisti». Ma non solo maschere protettive. Ortholabsport è anche un «santuario» anche per chi corre. «Qui rimettiamo in “bolla” molti corridori», dice scherzando Duchini. Ma neanche tanto scherzando. Analisi della corsa, analisi dello scheletro dei runner con un paio di telecamere speciali in una stanza che sembra uno studio della Nasa per arrivare poi a progettare «solette» che permettono anche a runner che hanno una corsa non proprio perfetta di correggersi. «Ma l’epoca dei supporti ortopedici correttivi è passata – spiegano in Ortholabsport -. Ora ci sono plantari che permettono a chi corre di migliorare le prestazioni, fare meno fatica, avere una spinta migliore…». Plantari ortopedici, neosensoriali , biomeccanici in carbonio..insomma quasi fantacienza. Che invece è realtà che prende forma dopo un esame dinamico della corsa, un test sul tappeto e dopo il calco del piede. E anche per questo, qui al Ticinese, ci sono campioni che fanno la fila.