Pedali in Germania e non riesci toglierti dalla testa una canzone di Dalla che, come solo lui sapeva fare, raccontava meravigliosamente Milano: “che le fai una domanda in inglese e ti risponde in siciliano…”.Anche qui. E forse di più. Perché tra pizzerie da Antonio, Salvatore e Rocco che ti vedono arrivare e capiscono al volo che lingua parli e’ facile sentirsi a casa. Così il lago di Costanza e ciò che ti aspetti. Chilometri e chilometri di mondo perfetto, ordinato, organizzato e pulito. Chilometri di sponde un po’ tedesche, un po’ svizzere e un po’ austriache dove s’incrociano le anime pedalanti di mezza europa, quelle che si muovono in sella ad una bici. Business e turismo che qui hanno capito come funziona e ci hanno costruito un sacco di cose intorno a cominciare, ovviamente, dalle piste ciclabili. Ed è tutto uno sfrecciare di bici sempre più tecnologiche, sempre più cariche di borse dietro, davanti, sui fianchi, sempre più elettriche che ti bagnano il naso anche quando a spingere sui pedali e’ un’insospettabile signora più sui sessanta che sui trenta, con tanto di foulard al posto del casco e un paio di calzoni appena sotto il ginocchio con i tulipani rossi. Si va così. Sulle sponde di un lago dove si tuffano tutti come se fossero a Rimini e allora capisci perché quando vengono a Rimini non vogliono più tornare a casa. Si va così tra chiese e monasteri che a Reichnau sono uno spettacolo di affreschi del 1100 ma anche il segno di quanto lavoro sappiano fare i frati quando si tratta di rimboccarsi le maniche e dissodare la terra. E si va così anche quando la strada comincia a salire per lasciare le sponde ed avventurarsi nell’entroterra di Salem alla ricerca di un vecchio maniero che ti devi conquistare qualche ora di sterrato e di salite. Chilometri e chilometri. Incrociando bici da turismo, da corsa, mountain bike, carrettini carichi di valigie e di figli con il biberon, tandem, e bici da lavoro con tanto di cassonetto carico di frutta. Ciclisti di giornata, ciclisti in viaggio, randonneur, gente del posto, atleti…e fissati che ci sono sempre e li riconosci al volo. Si perché incroci il loro sguardo e ti rendi conto che è una radiografia. Ti squadrano dalla testa ai piedi: maglia, calzoncini, scarpe, casco. E bici, ovviamente. E la tua mtb parla italiano. Già perché Bianchi e uno dei biglietti da visita dal Made in Italy e basta lasciarla appoggiata al portabici di una caffetteria di Lindau per incuriosire un signore con un cappellino Bottecchia che pedala su una Stevens nera più da corsa che da turismo: “Tua la mountain bike? Italiano?”. Non fai neanche in tempo a dire di si’…”Grande italiano…Nibali. Vai Nibali…”. E vaglielo a spiegare che da noi e’ tutta un’altra storia.