Oggi si sono corse parecchie maratone importanti. E da Instanbul a  Valencia a Torino sui social è tutto un condividere di immagini, medaglie, storie e sensazioni. E’ tutto un twittare di emozioni che danno perfettamente il polso di quanta gioia ci sia quando si arriva in fondo a una martona. Simona, Giuseppe, Riccardo, Federica ma potrebbero essere tantissimi ancora, migliaia di migliaia. Onuno con un ottimo motivo per sorridere, per fotografarsi o farsi fotografare, per raccontare il perchè della sua sfida. Sono le storie della maratona.  Quelle che nascono nella pancia del gruppo e anche un po’ più in fondo e che poco vengono raccontate soprattutto in tv. E’ la storia di sempre.  Si parte, si mette una telecamera fissa sul gruppetto di africani che fa gara di testa, l’altra segue da vicino la corsa delle prime donne e i commentatori che fanno da inviati in bici sul percorso raccontano per filo e per segno ogni dettaglio tecnico della sfida. Forse troppo tecnico: troppi tempi, troppi particolari. troppe ripetute, troppi aminoacidi e troppe maltodestrine il cui senso sfugge se non si è del mestiere. Ci hanno provato in tanti a raccontare la maratona, la Rai e anche La7. Ma  non bastano un fuoriclasse di telecronista come Franco Bragana e un’ottima spalla come Attilio Monetti a fare la differenza. Se le immagini che devono commentare sono quelle del gruppetto dei primi, i due devono far miracoli per tener vive due ore e più di diretta. Va detto che il vizio di tener le immagini fisse sui primi non è solo italiano. Chi ha visto in tv l’ultima maratona di New York trasmessa dalla Nbc si è reso conto che c’è chi riesce a fare peggio ( molto peggio) di noi.  E allora? Tanto per cominciare si potrebbe provare a  copiare un po’ gli inglesi della Bbc che da anni la London Marathon la raccontano sui primi ma molto anche su chi arriva dopo le tre ore e mezzo. Inviati in gruppo che si piazzano ai ristori, che corrono nelle retrovie, che parlano con i tapascioni qualunque, che cercano e raccontano le loro storie. Tutta un’altra cosa.  E poi si potrebbe copiare anche un po’ dai social. Condividere in tv i racconti,  le immagini, i sorrisi, i pianti di gioia, la fatica, l’emozione, gli abbracci e la passione della gente comune. Che è tantissima e contagiosa. Anche perchè oggi , tanto per fare un esempio e tanto per cambiare, a Torino ha vinto il keniano  Samuel Rutto che ha battuto allo sprint il connazionale Ernest Ngeno. Bravi, bravissimi ci mancherebbe. Ma sfido chiunque domani a ricordarsi chi sono