A volte le persone ti sorprendono. Basta guardarle negli occhi, osservarne i modi, fare attenzione a come si pongono e più o meno si capisce di che pasta sono fatte.  Ci si fida dell’intuito. Certo, si può sbagliare ma generalmente la prima impressione è quella che conta. E spesso è quella giusta. Qualche sera fa, alla presentazione del Triathlon di Cannes, ho incontrato Giorgio Alemanni. Non lo conoscevo ma sapevo che aveva scritto un libro sulla storia del triathlon.  Trent’anni di gare,  personaggi, ricordi vissuti in diretta e raccontati in prima persona visto che è stato uno dei primi triatleti italiani e ancora oggi gareggia. C’è chi per promuovere un libro ti verrebbe a cercare in capo al mondo, ti scrive, ti chiama, ti tormenta… Lui no. Dopo averlo presentato ad una platea un po’ distratta da aperitivi e tartine, si è quasi defilato a chiacchierare con un amico. Quasi per non disturbare. E quando gli ho chiesto se aveva voglia di parlarmene si è  sorpreso. Poi si è scusato,  dicendomi che forse non era il caso, che lui non era uno scrittore, che aveva fatto tutto da solo, che aveva solo messo insieme  i suoi ricordi, che l’aveva scritto di notte…Tutto vero. Ma  “30 anni di triathlon”, anche se non vincerà premi e non farà il giro dei salotti più radical, è un libro da leggere proprio per tutti questi motivi. Racconta l’amore per uno sport,  di  come eravamo e come siamo diventati, di frammenti di una vita che si è intrecciata con quella di campioni e amici di fatica. Racconta di un <fuoco> che probabilmente non si spegnerà mai, di una passione che  a settant’anni ti fa vivere la vita ancora con una grande prospettiva.  E la racconta spesso con gli occhi lucidi.  Basta guardarlo Giorgio Alemanni per capire che, anche se non è uno scrittore, aveva una grande storia da raccontare. La sua…

 

<Non sono uno scrittore, ma ho messo insieme trent’anni di passione e così è nato questo libro che racconta un pezzo di storia del triathlon e anche un bel pezzo della mia vita…». Giorgio Alemanni, milanese doc della Bovisa, è un meccanico oggi in pensione. Ma non passa il suo tempo davanti all tv o a portare il cane ai giardinetti. I suoi amici del Road runner’s club di Milano ( un’istituzione in città) lo chiamano «Il grigio», probabilmente perchè ha i capelli bianchi. Ma è l’unico segno che tradisce la sua età. Alemanni è la prova vivente che lo sport fa bene davvero: al cuore, alla mente, al fisico. E infatti quest’anno compie settant’anni ma ne dimostra almeno venti in meno. Trent’anni fa fu uno dei primi audaci a tuffarsi nel mare di Ostia per la prima gara di triathlon italiana e da allora non ha più smesso. Nuotare, pedalare e correre è diventata la sua filosofia di vita perchè è chiaro che non si tratta solo di quello. «Sono cresciuto a pane e sport- racconta- Una passione che mi ha trasmesso mio padre e che io ho passato ai miei due figli Astrid e Alessandro. Anche se in verità quando ero giovane non avevo molta voglia di far fatica. Forse ne facevo troppa in officina..». Così, come tutti i ragazzi Alemanni gioca po’ a calcio, un po’ di tennis, qualche corsetta poi a quarant’anni scatta la scintilla e scopre il triathlon. A Ostia si corre la prima gara italiana, la prima sfida vera di quello sport da «pazzi» che dieci anni prima era nato in America e che sembra «roba» da superman o forse da marines. «Allora forse un po’ sì- ricorda Alemanni- Cosa fosse il triathlon lo avevamo letto solo su qualche rivista, così eravamo tutti un po’curiosi di provare dal vivo. In verità non è uno sport da superman ma alla portata di tutti e permette di conoscersi, di capire meglio i propri limiti, le proprie sfide». E così un po’ nelle acque del Naviglio, d’estate all’Idroscalo e sulla Montagnetta di San Siro a correre e pedalare Alemanni comincia ad allenarsi per le gare che poi lo portano anche in giro per il mondo. E ci prende gusto tant’è che conquista ben 21 titoli italiani e per ben sei volte sale sul podio dei campionati mondiali riservati alla sua categoria . «Sì, quando lavoravo mi allenavo nei ritagli di tempo- racconta- Avevo un gruppo di amici ma poi come spesso capita diventa difficile coordinarsi, così sono sempre stato un solitario anche perchè poi comunque quando fai questo sport soprattutto sulle distanze più lunghe sei solo con te stesso». Però anche se ci si allena e si corre da soli, trent’anni di triathlon sono un bel patrimonio di ricordi. Sono amicizie, sfide, posti sperduti nel mondo che ti restano impressi nella mente. «Sì tutto vero- racconta- Così tre anni fa mi sono detto che forse era arrivato il momento di mettere tutto insieme. Con grande difficoltà mi sono messo a scrivere, perchè non è il mio mestiere». Pagina dopo pagina è nato «Trent’anni di Triathlon» un bel libro di 235 pagine zeppo di racconti, personaggi, storie. «All’inzio pensavo solo a una raccolta di ricordi da condividere con gli amici- spiega Alemanni- Poi notte dopo notte mentre scrivevo mi tornavano alla mente episodi, classifiche, vecchi articoli ingialliti e devo ammettere che rimettere tutto insieme è stato il momento più bello.» Oggi Alemanni corre ancora. Con più ponderazione, con più saggezza, con più tranquillità ma continuando a pensare in grande. E cioè all’Ironman, la distanza più lunga del triathlon: 4 chilometri di nuoto in mare, 180 in bicicletta e alla fine 42 chilometri di corsa. «Ne ho già fatti diversi- racconta- e non è detto che non ci riprovi. Certo ci vuole tanta pazienza. Questo è uno sport dove non si improvvisa nulla, soprattutto alla mia età». Settant’anni che sembrano 50, forse perchè 30 sono di triathlon…