“Salvate il soldato Schwazer“. Ciò veniva da scrivere quando, qualche anno fa, c’era un giovane uomo che stava pagando un prezzo troppo alto per un suo errore.  Non è mai il caso di star lì a pesare colpe e pene, perchè ogni vecenda fa storia a sè, ma il tiro al bersaglio contro l’ex carabiniere altatesino reo-confesso per l’uso di doping alla vigilia delle olimpiadi londinesi fu davvero eccessivo. C’è gente che per molto peggio la fa franca. Opinioni, ovviamente. Poi, come giusto che sia, ognuno si fa ( e si tiene ) le proprie convinzioni.  Però il calvario di Alex Schwazer è sempre stato sotto i riflettori. Vuoi perchè un campione olimpico resta pur sempre un campione olimpico, vuoi per Schwazer era per molte mamme d’Italia il figlio perfetto  e vuoi perchè al suo fianco c’era anche Carolina Kostner finita poi, lei pure, nei guai. Così le luci non si sono mai spente. Pochi giorni fa il marciatore bolzanino ha patteggiato una pena  di otto mesi con la Procura di Bolzano. E ciò, con ogni probabilità, gli permetterà di chiudere la sua vicenda giudiziaria  riguardante la frode sportiva anche se resta ancora sotto inchiesta per la Wada e per il Tribunale antidoping del Coni. Ma è comunque un passo fondamentale per la sua possibile partecipazione alle olimpiadi di Rio visto che la squalifica sportiva scadrà il 30 gennaio 2016.  Così Schwazer torna in pista .  La linea difensiva del suo legale, l’altoeatesino Gerhard  Brandstaetter, sembrerebbe quella più efficace per riportarlo in gara. L’avvocato prima aveva chiesto il trasferimento del processo da Bolzano a Roma e poi l’affidamento in prova, ma in entrambi i casi si sarebbe andati troppo per le lunghe. Così si è deciso di scegliere un pattegiamento. Che fa rima con ravvedimento, ma in realtà non lo è. E’ puro calcolo. E’ il mezzo per raggiungere un fine e non è detto che lo giustifichi.  Due sono le possibili chiavi di lettura di qeusta storia. Se si prende in considerazione l’uomo che ha sbagliato, ha pagato e ( forse) si è ravveduto la partecipazione olimpica potrebbe essere il giusto riscatto. Se si prende invece in considerazione l’atleta che ha barato non dovrebbero essere concesse prove d’appello. E chhissà qual è quella giusta…